“Le cave di Maiano” di Marco Bastogi

Gennaio 2010

Il colle di Monte Ceceri, come oggi lo vediamo, è il risultato di un profondo rimodellamento operato da secoli di estrazione della pietra per uso prevalentemente ornamentale. Lo sviluppo dell’attività estrattiva di questa pietra è legato strettamente all’espansione urbana di Firenze, soprattutto tra i secoli XIII e XV. Dal ‘400 la richiesta di pietra, la Pietra Serena dal nome a essa attribuito dagli architetti del ‘700 per quella sua colorazione cerulea chiara – azzurra, quando non alterata, che ricorda il cielo in certe giornate autunnali, diventa tanto insistente che l’escavazione in origine concentrata nella valle del Mugnone, si espande a tutta l’area di Monte Ceceri ed anche presso Signa (cave della Gonfolina).

Il fronte della cava con i suoi strati

A Monte Ceceri, esistono due diverse tipologie di cave. Ci sono le “cave ficcate” o “fitte”, quando si aprono nel “masso” e penetrando al suo interno formano delle cavità spesso molto grandi a testimonianza della prolungata attività di escavazione che si è protratta nel corso dei secoli, oppure possono essere a “cielo aperto”, le così dette “Tagliate”. La scelta tra le due diverse tipologie, dipendeva dal modo con il quale si presentavano gli strati sul versante e quindi nella diversa tecnica con la quale si doveva aggredire lo strato di roccia. Nel caso della “Tagliata”, il taglio dei blocchi in pietra iniziava dalla parte più alta del tratto di versante e procedeva verso il basso, scoprendo via, via, i “filari”, cioè gli strati rocciosi secondo il gergo in uso tra i cavatori, con le loro caratteristiche di dimensioni, qualità, colore, grana ecc.. Questo modo di procedere era possibile quando le operazioni di “scoperchiatura”, ovvero l’asportazione della coltre detritica e di alterazione che ricopre la stratificazione rocciosa utile, era possibile senza dover muovere spessori eccessivi (al massimo un metro e mezzo). L’estrazione procedeva estesa su tutta l’estensione dello strato, modellando così un fronte verticale come quello che oggi possiamo vedere presso il “pratone” di Maiano, da molti anni palestra di arrampicata di rinomata fama. Se invece, la stratificazione rocciosa (i così detti “filari” e “filaretti”), erano

Impronte su strati inclinati

coperti da una copertura detritica eccessiva di detrito o comunque di straterelli privi d’interesse commerciale, era più indicato procedere attaccando direttamente il “banco roccioso” e approfondendosi verso il suo interno, formando una sorta di scala lungo la quale, dal punto più alto (detto cielo), si procedeva abbassandoci gradualmente e si facevano discendere i blocchi cavati senza rischi di danneggiamento. Al termine dei lavori di scavo, si otteneva un’ampia cavità con una parete di fondo perfettamente verticale.  Attualmente queste grandi “camere” che si sviluppavano attorno ad un pilastro centrale, risparmiato dal banco per il sostegno per la volta, testimoniano la maestria raggiunta e tramandata nell’arte della lavorazione della pietra da generazioni di scalpellini e sono diventate pericolanti.

Gli strati di Pietra Serena cavati, avevano potenze (spessori), varianti da oltre 2 metri fino a pochi centimetri; quelli più sottili venivano utilizzati per la copertura dei tetti. Nel 1741 il naturalista Targioni Tozzetti esegue uno studio di dettaglio sull’argomento; in esso si riportano le caratteristiche delle due principali categorie in cui si distingue la Pietra di Monte Ceceri. Si apprende così come gli architetti fiorentini distinguessero due qualità: la Pietra Serena e la Pietra Bigia; per entrambe si poteva individuare la varietà “ruspa”, (renosa con grana grossolana) e la varietà “fine”. Un’ulteriore distinzione contemplava le caratteristiche di tenacità del materiale; si poteva riconoscere una varietà “forte” ed una “tenera”. Infatti, alla nota uniformità dei pochi costituenti mineralogici, si contrappone la variabilità, anche per lo stesso strato, della qualità e della quantità del cemento e della grana spesso media o fine, ma talvolta grossolana. La Pietra Serena è di color ceruleo chiaro tendente all’azzurrognolo ed è la più abbondante rispetto alla Pietra Bigia che ha un color “terra” uniforme o come si diceva in passato, utilizzando un temine decisamente singolare: “leonato sudicio”, sottolineando la tonalità conferita dall’ossidazione.  La varietà “Bigia” è particolarmente resistente agli agenti esterni ed è più dura e compatta rispetto alla qualità Serena. Il Targioni Tozzetti riconobbe da subito che le due pietre costituivano due toponimi merceologici dello stesso tipo litologico, ben distinto tuttavia dalla “Pietraforte”, non presente sui colli fiesolani, che più convenientemente, per le migliori caratteristiche di resistenza, era utilizzata come materiale da costruzione per i palazzi fiorentini e i lastrici stradali.
Le arenarie che affiorano al Monte Ceceri e sul fronte roccioso di Maiano, costituiscono una formazione sedimentaria di origine “torbiditica” di età Oligocene Superiore – Miocene Inferiore (circa 24 milioni di anni fa). Un deposito torbiditico è formato da una serie di colate successive di sedimenti per lo più sabbiosi, che si accumulano sul fondo di un antico bacino marino situato di fronte ad una catena orogenica in fase di evoluzione (il futuro Appennino nel

Estremità di uno strato da stress compressivo

nostro caso). La corrente torbida è provocata dallo spostamento in massa dei sedimenti contenuti in sospensione in un corpo d’acqua; il fluido reso più denso dalla sospensione, scorre sotto quello meno denso. Le condizioni scatenanti perché avvengano queste colate dense sottomarine, sono da ricercarsi in eventi meteorologici, gravitativi o sismici che mettono in movimento una massa di sedimento accumulata al margine di un ripido bacino. Una colata torbida può essere seguita immediatamente da un’altra, oppure se si verifica un periodo di stasi, viene sepolta da fango. In conseguenza dei processi di trasformazione in roccia (diagenesi), il fango formerà l’interstrato siltitico – argillitico (noto come Galestro), mentre il deposito sabbioso di colata, formerà lo strato di arenaria intercalato al precedente, così com’è oggi osservabile lungo il fronte di cava della palestra di roccia. Tale deposito ritmico nel suo complesso viene definito flysch. Una caratteristica tipica degli strati arenacei di flysch è la loro “gradazione” (selezione granulometrica verticale degli strati), crescente dall’alto verso il basso che ha un riflesso immediato sull’utilizzo come materiale ornamentale.

La velocità della corrente (vortici) o il trascinamento di elementi estranei producono delle tipiche forme concave a bulbo più o meno allungate che successivamente riempite dal nuovo sedimento, si presentano oggi negli affioramenti rocciosi sotto forma di rilievi mammellonari (contro impronte) che ai geologi forniscono importanti dati sulla posizione originaria dello strato e sulle direzioni delle antiche correnti  marine. Recenti studi sedimentologici e petrografici hanno caratterizzato con più accuratezza la formazione rocciosa affiorante sul colle di Fiesole e di Monte Ceceri, attribuendola non più alla formazione del Macigno, ma a quella delle Arenarie di Monte Modino. Le due formazioni comunque rappresentano una successione continua di analoga origine di cui le Arenarie di Monte Modino costituiscono il tratto della sequenza superiore. A Monte Ceceri è esposta quindi la parte stratigraficamente più alta della sequenza torbiditica (circa gli ultimi trecento metri). La struttura geologica della dorsale Monte Rinaldi – Monte Ceceri, mostra il fianco rivolto verso Firenze con un’inclinazione molto più accentuata (circa 40°) rispetto a quell’opposto nord orientale (di circa 20°); tale asimmetria sottolinea l’esistenza di una discontinuità tettonica (faglia distensiva) che con orientamento parallelo alla dorsale stessa, (NNW-SSE), è responsabile della formazione del bacino occupato da Firenze che prosegue verso nord ovest con l’area di Prato e Pistoia; in questa depressione, nel Quaternario si formò un lago. Un sistema di faglie trasversali alla dorsale fiesolana, sempre di tipo disgiuntivo, ha dislocato successivamente la struttura rocciosa in blocchi scalati in altezza ad iniziare da quello posto in estremità nord ovest che risulta il più alto (collina di Trespiano). I blocchi successivi, da nord ovest verso sud est, sono: il blocco di Monte Rinaldi – Fiesole e quello di Monte Ceceri – Incagliata. In particolare il rilievo di Monte Ceceri, risulta delimitato da due faglie parallele tra loro e a direzione antiappenninica (NNE-SSW). Sul lato occidentale l’allineamento S. Michele a Doccia – Borgunto, sul lato orientale, l’allineamento Maiano – asse torrente Bucine. Morfologicamente la faglia occidentale è sottolineata dall’avvallamento del Pelagaccio che interrompe la continuità del crinale, separando Sant’Ansano da Monte Ceceri. La faglia orientale, lungo la quale si è impostato il corso del fosso del Bucine, mette a contatto la sequenza arenacea di Monte Ceceri con terreni prevalentemente argillosi del Complesso Caotico della zona di Vincigliata. Questa faglia arriva a interessare il bacino fiorentino, essendo responsabile assieme alla dislocazione Castello-Scandicci (che delimita la dorsale di Monte Rinaldi – Monte Ceceri all’estremità nord occidentale), del sollevamento avvenuto nel Pleistocene medio – superiore (tra 700.000 anni e 1,25 milioni di anni) che ha portato l’area di Firenze ad innalzarsi di qualche metro, rispetto alla restante parte del bacino.
Il fronte cava della palestra di Maiano, offre a chi ama arrampicare, molte possibilità; è noto, infatti, che le pareti in arenaria tendono a far sviluppare una tecnica raffinata; si richiedono movimenti in aderenza anche quando le pareti sono molto ripide, i movimenti di incastro in fessura devono essere effettuati in maniera accurata ed è necessario abituarsi ad appigli e supporti per lo più sfuggenti. La parete offre innumerevoli varianti in questo senso, innalzandosi per una cinquantina di metri, mostra un’alternanza di strati o gruppi di strati, arenacei di spessore variabile tra 50 cm e 2 – 3 metri, alternati a straterelli di 20 – 30 cm argillitici e siltitici. Guardando con occhi da Geologo la parete, si possono osservare anche alcune particolarità che raccontano alcuni episodi della storia di deposizione di questi sedimenti. Sulla destra, è possibile osservare un’interessantissima struttura deformativa che ha coinvolto alcuni strati, lasciando tuttavia indisturbati quelli soprastanti e quelli sottostanti. Questa anomalia deformativa, testimonia un fenomeno avvenuto durante la deposizione della corrente torbida, oppure in un periodo successivo, ma precedente al processo di litificazione (diagenesi), quando il sedimento aveva ancora un comportamento plastico. Ciò che con “occhio allenato” si può vedere, è una superficie di faglia inversa, cioè una linea di frattura lungo la quale la sequenza stratificata di destra ha sovrascorso su quella di sinistra. L’effetto del movimento è rimarcato all’uncinatura o arricciamento degli strati sui due lati della faglia. Nella parte medio alta del fronte di cava si possono inoltre osservare alcuni orizzonti ad assetto caotico che testimoniano antichi franamenti, avvenuti poco dopo la deposizione del sedimento.
La “Pietra del Fossato”, ricordata da Giorgio Vasari nel suo “Le Vite”, si trova a poche decine di metri di distanza dalla palestra di Maiano, presso il fossato del torrente Mensola. Chiamata anche Cava delle Colonne perché le sue pietre sono servite per la costruzione delle colonne della Cappella dei Principi in San Lorenzo, ha fornito a Michelangelo il materiale con il quale ornare la Biblioteca Laurenziana. In questa cava ficcata, erano noti strati con “saldezze” (le dimensioni dei blocchi estraibili come dicevano gli antichi architetti), notevoli, utili alla realizzazione di colonne molto grandi. La qualità della pietra era inoltre particolarmente favorevole alla polimentatura per la grana estremamente fine. Questa cava, fu utilizzata da John Temple Leader, nella seconda metà dell’800 per ricostruire il castello di Vincigliata in cui ha vissuto. Al termine del restauro, Leader fece cessare l’attività estrattiva, fece affluire l’acqua del Mensola nella cavità, trasformando la cava in un laghetto con un attiguo giardino romantico. Se vogliamo, si tratta di un progetto di recupero ante litteram. A proposito, John Temple Leader è stato uno dei primi soci della nostra Sezione.
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