Gennaio 2010
Purtroppo Gianni il prossimo fine settimana è di turno e non può muoversi:
“……beh , mi dispiace, sarà per la prossima volta!“.
Sono abbattuto, dopo anni di attesa e di sogni, proprio ora che sono al top dell’allenamento e le condizioni sono perfette il mio compagno non può. Faccio qualche altro tentativo senza successo per non vanificare l’occasione irripetibile; finalmente, ormai rassegnato a passare il week end a casa, il Bepo mi conferma la sua disponibilità:
“ … devo però accompagnare prima mia moglie in campagna … quindi partiremo molto tardi … “.
Pazienza, l’importante è andare!
Non immaginavo di giungere a Courmayeur quasi a buio, d’inverno le giornate sono molto corte; già in autostrada ci eravamo rassegnati a perdere la funivia e salire al Rifugio Torino a piedi: pazienza, una faticaccia in più ma ormai indispensabile. Iniziamo a preparare gli zaini con il rito di sempre, il materiale sparso sul piazzale del parcheggio, le domande reciproche su cosa portare, l’abbigliamento più adatto:
“ … guarda, ho comprato proprio la scorsa settimana dal nostro merciaio di Chamonix questa maglietta che per domani mi sembra proprio adatta … anzi forse se porto la mid potrei risparmiare la giacca mettendo sopra solo il windstopper pesante …; quante viti, bastano sei normali e una corta? … io porto anche Pinco, il mio martello piccozza leggero come terzo attrezzo, non si sa mai …”.
Finalmente riusciamo a chiudere gli zaini colmi di materiale e ci avviamo con entusiasmo su per il pendio: in un angolo c’è già la Luna che fa capolino, è quasi piena e domani ci farà molto comodo … Dopo due ore e mezzo entriamo nel Torino Vecchio – il nuovo 80 m. più in alto è chiuso – trovando Giorgio, il gestore, che ci aspetta con la minestra già pronta. Poco dopo mi trovo ad osservare estasiato le luci riflesse della Luna attraverso la finestrina che si apre sul versante della Brenva, disteso sulla branda in cerca di riposo. Ripasso mentalmente ciò che mi aspetterà dopo la sveglia, il percorso, le difficoltà, il freddo … finalmente mi addormento.
Sono le due e trenta, al primo bip dell’orologio scatto in piedi chiamando il Bepo ancora sprofondato nel sonno. Dopo alcuni biscotti ed il the caldo che Giorgio ci ha lasciato nel thermos sul tavolo, ci infiliamo l’imbraco ed usciamo nel freddo; è buio pesto – ma non doveva esserci la Luna piena!? – la frontale ci è indispensabile. Iniziamo subito a salire ma dopo qualche metro, senza avvedermene, scivolo sul ghiaccio vivo riprendendomi solo per un caso. Non avevo mai visto tanto ghiaccio in questo punto, bucato dalla luce della frontale è verde, quasi trasparente … Dico al Bepo che dobbiamo metterci i ramponi. Proseguo piuttosto lento, le punte anteriori mordono a dovere sollecitando i polpacci, la pendenza non è notevole ma la quota, il freddo e soprattutto il peso dello zaino si fanno sentire. Saliamo ancora in conserva ma dopo una scivolata del Bepo che mette male un rampone decido che dobbiamo legarci; salgo molto lentamente sotto il peso dello zaino ed ogni due, tre passi sono costretto a fermarmi per iperventilare. Finalmente posso fermarmi a recuperare il Bepo che mi raggiunge con qualche difficoltà; mi rendo conto che siamo molto lenti, riparto dalla sosta imponendomi un ritmo più veloce ma senza troppo successo. Un passo dietro l’altro, la pendenza è costante e monotona, senza interruzione, tanto che di frequente metto un piede sulle punte dei ramponi e l’altro “piatto” per riposare la gamba … non avevo mai fatto tanta fatica né avevo mai trovato tanto ghiaccio; continuo ancora più lentamente con il sacco che sembra pesare sempre di più, tengo duro e finalmente sbarco su un ampio ripiano dove, poco dopo mi raggiunge il Bepo.
Il fascio della frontale spazia d’intorno colpendo solo pareti bianche … quando d’un tratto individuo la porta d’entrata al Rifugio Torino Nuovo: siamo sul pianerottolo in cima alla scala del tunnel di collegamento con il Vecchio che abbiamo appena percorso salendo solo 80 m.!
INCREDIBILE! Una malefica scala ripida e ricurva che a questa quota col sacco sulle spalle è sempre faticosa, ma d’inverno … può diventare proibitiva! Ormai si è fatto tardi ed è inutile uscire sul ghiacciaio e proseguire , mettiamo in bocca un Enervit e riscendiamo in attesa della prima funivia per Courmayeur. Abbiamo fatto il possibile e siamo comunque contenti, sarà per la prossima volta … !
Post Scriptum :
Per chi non è mai stato sui luoghi del racconto:
1) la ripida e tediosa scala-tunnel di collegamento fra il Rifugio Torino Vecchio ed il Nuovo (Monte Bianco) esiste davvero come pure, d’inverno, qualche gradino ghiacciato.
2) Il racconto è di fantasia (ma non troppo) ma ben si adatterebbe ad innumerevoli altre salite, lunghe o corte, diverse fra loro ma apparentemente così identiche e monotone. Si fonda sul seguente canovaccio:
3) descrizione dei preparativi con evidenza delle difficoltà incontrate a reperire un Cristo che mi possa seguire
4) Imprevisto di vario genere (partenza ritardata) che consenta di suscitare ulteriore ammirazione per il suo brillante superamento, tuttavia da passare sotto tono (casuale menzione delle “impossibili” due ore e mezzo per raggiungere il rifugio Torino in inverno)
5) implicita sottolineatura dell’amicizia storica con il gestore (lo chiamo confidenzialmente per nome , sa già cosa deve fare per noi)
6) pausa romantico-contemplativa (ammirazione della Luna) per far comprendere che non sono solo una “macchina” da salita
7) pedissequa descrizione dei gesti e dei movimenti, fino al parossismo, in modo da far comprendere al lettore che sono effettivamente padrone della situazione e che sto facendo qualcosa di unico, con sottofondo di sofferenza ed imponderabilità (sovente richiamo alla fatica ed alla lentezza) per evidenziare al massimo l’esclusività di ciò che sto raccontando
8) menzione del compagno con il dovuto rispetto ma in modo che sia percepibile la mia superiorità tecnica e di esperienza (vedi decisione di legarsi a seguito della sua incertezza)
9) rinuncia alla salita posta in modo naturale, senza alcun dettaglio, con breve sintesi, a significare che in fondo non interessa, è cosa marginale … anche se si è partiti volendola a tutti i costi!
10) falsa conclusione filosofica e fatalista
Domande :
Non è che molti racconti che normalmente leggiamo sulla stampa specializzata seguano più o meno questo schema, monotono quanto scontato?
Non è per caso che i racconti delle salite in montagna siano spesso simili a quello della scala-tunnel del Rifugio Torino, vanificando ogni interesse da parte del lettore?
Non è che la maggior parte di chi va in montagna spesso non sappia proprio trasmettere qualcosa di diverso, evitando inutili ed odiose autocelebrazioni?
E’ aperto il dibattito.
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