“Handicap e montagna: la mia esperienza” di Pasquale Parcesepe

Maggio 2009

T. è cieca dalla nascita.
Sin da piccola si è impegnata a fare ciò che tutti gli altri normalmente fanno.
Mi ha raccontato che giocava a nascondino con i fratelli, che andava in bicicletta per casa. A circa 20 anni si è sposata, ha trovato lavoro, ha avuto un figlio che le dà un sacco di problemi come tutti i figli. Ha anche divorziato ed avuto altre storie. Qualche volta è stata anche al cinema e a teatro, tra gli sguardi perplessi e i bisbigli degli altri spettatori (di cui lei si è sempre resa perfettamente conto). Un suo desiderio ancora non soddisfatto è guidare un’auto. “Mi hanno detto che all’Osmannoro vi sono dei piazzali enormi che la domenica restano vuoti. E’ vero?” Prima o poi ce la dovrò portare.
Alla montagna non ci aveva mai pensato, né io mi sarei mai sognato di portarcela, se le sue domande su cosa facciamo la domenica quando andiamo in giro non fossero state sempre più circostanziate ed interessate.
Un bel giorno, con Elena, le abbiamo messo in spalla uno zaino e ai piedi un paio di scarpe pesanti, e siamo andati. Ogni tanto faceva osservazioni sull’ambiente circostante. “ Ma quanto sono alti questi alberi?” Eravamo nella foresta di Vallombrosa e, come si capisce, la domanda non era casuale. “Il rumore del vento è diverso!” Ancora mi vengono i brividi a pensarci. I punti che più la divertivano erano quelli in cui dovevamo viaggiare in fila indiana, con la sua mano appoggiata sul mio zaino. Al di sotto del Rifugio Secchiata, dove ci siamo fermati a mangiare il nostro panino, si è accorta che vi erano delle roccette. Seguendola da vicino e dandole dei suggerimenti, si muoveva con disinvoltura dal basso in alto, da destra a sinistra e viceversa.
A questa prima escursione ne sono seguite altre. A Monte Morello ha potuto tuffarsi nella neve per la prima volta da quando era bambina. Alla Secchiata, un’altra volta, ha indossato e camminato sulle ciaspole. Nella montagna pistoiese ha pernottato al Rifugio Portafranca. Nei dintorni del Poggio dell’Incontro ha partecipato ad una escursione di gruppo dei cui partecipanti ricorda ancora, dopo anni, tutti i nomi.
Che sia vero che a volte l’handicap è solo nelle nostre menti?
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