“Legarsi” di Stefano Pimazzoni

Gennaio 2007

Beh, dato l’argomento della rivista avrete già capito che non si tratta di nuove posizioni erotiche o dei primi svantaggi di fare un figlio, ma di quel (per me) magico momento che precede l’attacco di una via …

Legarsi ai due capi della stessa corda vuol dire mettere la propria vita nelle mani del compagno, vuol dire che ci si fida di lui, che lo si reputa diverso da tutti gli altri con cui si condivide “solo” la passione per la montagna. Ed in effetti, quando ti sei legato con qualcuno, non c’è niente da fare: poi resta qualcosa in più. Non è solo un nome sul curriculum alpinistico, è più che altro una presenza fisica nei tuoi più bei ricordi di vita vissuti in montagna.

Se poi ci sono stati dei momenti di difficoltà… è curioso: tornano in mente tutte le volte che ci si incontra, anche se per una cena. Così succede che incroci gli occhi di Roberto e pensi al Castore, quelli di Paola e ti torna in mente quel conto in sospeso con la “Via dell’amicizia”, quelli di Massimo e ci vedi riflessa la cresta della Pania in abito invernale. Finché lo sguardo si trasforma in un ampio sorriso d’intesa, accom-pagnato da una vigorosa stretta di mano. E va bene così: bello! Ma andiamo per ordine. Tutto comincia qualche giorno prima.

Che fai questo fine settimana?” 5 parole, 3 sentimenti: voglia (di andare in montagna), fiducia (in te come compagno di cordata), speranza (che la fiducia sia corrisposta). Seguono le solite scaramucce:

Ok, ma mi paranchi su te, eh?

“Io? ma se non mi stacco nemmeno da terra! Sei te l’uomo del 6c!!!

Sì, vorrai dire l’uomo del 3c!

Senza parlare poi della scelta della via: questa è troppo dura, quella è troppo lunga, quell’altra è esposta male,… e così via. Ma tanto poi un accordo si trova e, previsioni meteo permettendo, arriva il fatidico giorno della partenza. Sveglia all’alba (la cosa che odio di più della montagna), viaggio in macchina (la parte più pericolosa dell’uscita), avvicinamento a piedi (ooops, dimenticavo, in effetti anche qui quanto a rischi non si scherza), e, dopo un po’ di girotondi alla ricerca dell’attacco, siamo ai piedi della via. Zaino a terra, naso per aria quasi a prendere le misure con la roccia, e cominciano i preparativi: bisognino prima di imbracarsi, qualcosa da mangiare, strani aggeggi luccicanti che iniziano a spuntare dagli zaini… la tensione sale, si rifilano le corde e distrattamente gli sguardi si incrociano:

Chi parte?

Mah, per me è lo stesso” (bugiardo!!! non ci credo!)

Va beh, parto io, così mi levo subito il dente

Improvvisamente gli strani aggeggi luccicanti, come attratti da un improvviso campo magnetico, si spostano tutti su un unico imbraco. Anche i capi delle due mezze corde subiscono presto la stessa fine, corde che poi vengono porte in mano a chi resta a terra: “Sono nelle tue mani, okkio alla penna!

Tranquillo, sei in una botte di ferro!

Un’ultima occhiata alla relazione, mani sui primi appigli, piedi in aderenza (almeno al primo passo il Metodo Caruso va applicato), e si comincia a fare sul serio… ma questa è un’altra storia…

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