“Turismo invernale? Ripensiamolo …” di Roberto Smarrini

Gennaio 2007

Chi mai si sognerebbe di imporre alla cupola del Brunelleschi una qualche antenna radio, o di trasformarla in un ristorante rotante che spazi sulla città di Firenze?“ …

Questa è la domanda provocatoria posta da Mountain Wilderness, in merito all’allarmante notizia che sta circolando ultimamente sulla volontà della Svizzera di voler costruire sul Piccolo Cervino un’enorme piattaforma, con una torre alta 117 metri visibile da tutte le Alpi, e dotata di ristorante, albergo, centro commerciale e servizi di ogni tipo, raggiungibile con una nuova e ardita funivia. E così, per contrastare lo scioglimento delle calotte nevose delle vette e il conseguente abbassamento delle quote a causa dei cambiamenti climatici, perché non trasformare un bel 3900 metri in un 4000 artificiale?

Secondo i promotori di questo idolo al turismo speculativo, esso porterà, dicono, una “ventata di magia”, assegnando anche alla Svizzera il suo simbolo internazionale; come se il candore e la bellezza delle loro montagne non fossero già di per sé sufficienti. Ma non è il solo progetto che desta preoccupazioni. Nel Parco naturale delle Bauges, in Francia, è in corso una consultazione relativa alla realizzazione di un circuito per motoslitte, interessando un’aera di circa 100 ettari sul Plateau du Revard. Come si vede, lo sviluppo del turismo invernale è ad un bivio: continuare in maniera scellerata lo sfruttamento del territorio improntato sul modello di società consumistica, o pensare a strategie sostenibili alternative a queste pratiche, sci compreso.

Le stazioni sciistiche alpine sono sotto pressione dai costi di gestione. Spesso gli impianti di risalita aumentano la propria capacità, ma il numero degli sciatori sembra non andare a pari passo. Ciò provoca una concentrazione degli investimenti mirati alla realizzazione di impianti multipli dove conviene, mandando in pensione quelli non più redditizi, che in molti casi vengono abbandonati su un territorio già ferito,  e ritrovandoci così tutti nelle stesse località invase da un traffico ingestibile.

Ma se dopo tutti quegli investimenti messi in atto viene a mancare la materia trainante, ossia la neve, ecco che ci pensa l’innevamento artificiale a risolvere in parte il problema. Forse non tutti sanno che per alimentare quei famigerati cannoni sparaneve, vengono attinte enormi quantità d’acqua fin quasi al prosciugamento dei torrenti, addirittura ricorrendo talvolta alla deviazione dei loro corsi naturali. I danni idrogeologici sono notevoli, come notevole è l’inquinamento prodotto dagli aditivi chimici mescolati per tenere più a lungo il manto nevoso e che saranno poi assorbiti dal terreno.

Ma ad un certo tipo di sciatore, in fondo, cosa gliene importa. Basta che ci sia un fazzoletto bianco per poter esibire quanto di meglio ci sia sul mercato. Ma fortunatamente non sempre è così: un comune della provincia di Cuneo aveva attirato l’attenzione su di sé per avere rifiutato un finanziamento a fondo perduto di 3 milioni di euro, fondi legati alle trascorse Olimpiadi 2006. Il finanziamento avrebbe dovuto consentire la costruzione degli impianti di risalita in una valle che, grazie anche alla presenza del Parco Naturale Valle Pesio, ad un ambiente ed un paesaggio pressoché intatti, ha una valenza turistica non legata allo sci.

Il consiglio Comunale si pronunciò contro la realizzazione di questi impianti a seguito di una consultazione popolare che aveva visto la stragrande maggioranza dei cittadini dire NO ad impianti la cui redditività era tutt’altro che incerta. In quell’occasione stupì, altresì, l’atteggiamento dell’amministrazione del Parco della  valle che si era invece espressa a favore; vai a capirci.

Certo, non dimentico che il turismo sciistico è uno dei settori cardine dell’economia delle regioni alpine, ed è per questo che auspico che tra le organizzazioni per la protezione dell’ambiente e le località sciistiche nasca una collaborazione atta alla ricerca di soluzioni valide per entrambi, affinché si rafforzi nella società civile una cultura che sappia riconoscere e ritrovare nelle nostre montagne quei valori che il consumismo sta rapidamente cancellando. Per ultimo, non si può certo pretendere un granché di educativo quando si fa tagliare un maestoso abete di 30 metri, per adornare piazza San Pietro durante le recenti festività natalizie. Che cosa centri Gesù Cristo con questo nessuno me lo spiegherà mai.

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