Maggio 2006
“Qualche tempo fa un Arturo del diciannovesimo secolo, nemico delle contraffazioni morali o montanare e Presidente dell’Alpine Club, girovagando oltre i suoi abituali confini, si trovò d’improvviso alla presenza di una schiera di formidabili giganti …Sebbene fosse abituato …ad incontri del genere, la prodigiosa statura di quei mostri, la loro impenetrabile corazza e forse la fatata crudezza del loro aspetto, quando con le fiammeggianti sommità delle creste s’ergono in possenti file contro il tramonto, lasciarono una tale impressione nella sua mente che al ritorno, invece di invitare i Cavalieri della sua Tavola Rotonda – l’Alpine Club – a sconfiggere questa indomita progenie, li avvertì solennemente di lasciarla stare se ci tenevano alla pelle. Naturalmente l’avvertimento non ebbe alcun effetto “.
Con queste parole, che sanno tanto di romanzo d’appendice, in Italian Alps, edito a Londra nel 1875, Freshfield introduce il capitolo “I passi di Primiero”, ove da un ulteriore saggio descrittivo, introducendoci nell’allora fatato mondo delle Pale di San Martino. Fra i numerosi esponenti britannici inventori dell’escursionismo-alpinismo, il nostro personaggio rappresenta probabilmente la summa ideale e pratica delle istanze intellettuali e delle imprese ufficiali che il “gruppo”, facente capo all’Alpine Club (anno di fondazione 1863), andava elaborando sin dalla sua fondazione. Rimane comunque sorprendente, per noi abituati a considerare le montagne, anche imponenti, facenti parte del nostro orizzonte, come questi Inglesi, i cui rilievi superano a malapena i mille
metri, abbiano potuto manifestare questa così forte vocazione, risultando indubitabilmente i rappresentanti che abbiano portato il maggior contributo all’esplorazione sistematica ed al raggiungimento delle principali cime, in particolare nell’arco delle Alpi. Questi sudditi di Sua Maestà britannica, che calavano ripetutamente nelle nostre valli, allora quasi completamente sprovviste di strutture giudicate possibili, hanno per lo più un’impronta comune, sono nobili o comunque ricchi, perfetti gentiluomini, colti, curiosi, tenaci, dotati di capacità tecniche e fisiche sorprendenti per gente che provenga, per lo più, dai salotti bene, che salga le montagne in abbigliamento da riunione al Club, che, nella fatica dell’azione, paia trovare il giusto compenso alla noia, allo spleen mondano e pettegolo. D.W. Freshfield, splendido esempio di questo panorama, incarna l’archetipo di quanto ci meraviglia, spende tutta la sua lunga vita a girare il mondo intero e quindi anche l’Italia, a salire le montagne con metodicità certosina, rendendo testimonianze uniche ed attendibili di ogni sua impresa, tali da suscitare nuovi tentativi. Diciamo che, pur tralasciando in questa sede, il Freshfield esploratore-viaggiatore, e volendo indagare solo sull’uomo di montagna, ci resta comunque un elenco spaventoso di realizzazioni, un’attività febbrile che, in un quarantennio, fra il 1865 ed il 1905, lo porta a calcare il piede attraverso valli e sopra monti, al tempo, totalmente sconosciuti. Una personalità eclettica e per tutti i versi debordante, in primo luogo come montanaro dall’inarrivabile fiuto per i nuovi itinerari, di grande cultura, raffinato scrittore, poeta, eccezionale topografo, membro dell’Alpine Club dal 1864, (aveva 19 anni!) di cui fu anche Presidente dal 1893 al 1895, presidente della Royal Geographical Society, editore dell’Alpine Journal dal 1872 al 1880.
Un vero e proprio “mostro”, uno di quegli uomini che ci lasciano stupefatti per quanto, nella stessa nostra unità temporale, riescano a fare, di una grandezza che regga il paragone con l’imponenza di quei monti che andava scoprendo con la sistematicità compositiva di un puzzle. A parte le montagne del nord e sud America, che non conobbe, in tutti gli altri continenti lasciò una traccia indelebile, volendo accennare solo a qualche limitatissimo esempio, possiamo ricordare i monti ed i rilievi dell’amata Scozia, visitati in gioventù, tanto per farsi le ossa. Poi ebbe a spostarsi in Francia e Svizzera, quindi ben dieci anni di esplorazione minuziosa della cerchia alpina. In questa esaltante cavalcata, ebbe a cogliere numerosissime prime ascensioni, con o senza Guida, sulle nostre montagne, ricordiamo: Presanella, Pizzo Cengalo, Tour Ronde, Cima Brenta, Cima Vezzana.
A testimonianza della sua “ubiquità”, fu anche nel Gran Sasso, quindi si lanciò in una sistematica esplorazione extra-europea: Egitto, Palestina, Turchia, Caucaso, Algeria, Himalaya (primo circuito intorno al Kanchenjunga), Africa (tentativo al Ruwenzori, fallito per il maltempo), dieci anni di perlustrazioni in Canada, Siberia, Giappone. Nel 1920, aveva 75 anni, ebbe termine la sua carriera di alpinista, ma fino al 1934, anno della sua morte, portò instancabilmente avanti tutte le restanti attività. Non c’è che da restare allibiti per tanta passione, per una così grande volontà, ma soprattutto per il desiderio di voler partecipare agli altri questa sua immensa fortuna di uomo d’azione e di cultura, con libri che sono divenuti pietre miliari della letteratura alpina, indicazioni e racconti, nel cui solco, una moltitudine di curiosi è, ben presto, divenuta appassionata schiera.
Nota: La Società degli Alpinisti Tridentini, nel centenario della fondazione 1872-1972, ha riedito, dalle Alpi Italiane, quella parte dell’opera che descrive i monti trentini, anche perché Freshfield fu uno dei Soci Onorari del Sodalizio.
Tutte le illustrazioni, meno due appartenenti al XIV Annuario della SAT, sono tratte dall’edizione inglese del 1875. Ricordo a chi fosse interessato che la pubblicazione, che ho trovato per caso a Bolzano, fa parte della nostra pregevole biblioteca sezionale, chi ha buona conoscenza della lingua inglese, può addirittura leggerla nell’originale riprodotto a fronte pagina. Comunque buona lettura.