Annuario 2011
La Sezione CAI Firenze, può vantare di aver avuto tra i suoi primi Presidenti e fondatori, “l’Apostolo dell’Alpinismo” Richard Henry Budden. Chi gli attribuì quest’appellativo, rimasto celebre anche con il passare degli anni, non fu un personaggio qualunque ma Antonio Stoppani, illustre studioso, letterato e scienziato dell’800. Divenuto famoso per essere l’autore de “Il Bel Paese”, opera geniale e concettualmente moderna, nella quale si parla delle bellezze naturalistiche del territorio italiano in maniera divulgativa, ma con estremo rigore scientifico. E’ nel secondo capitolo di questo libro che si parla del Club Alpino Italiano e della figura di questo nostro grande personaggio che viene definito, per il suo modo di promulgare la cultura della Montagna in tutti i suoi molteplici aspetti, “l’Apostolo dell’Alpinismo”.
Nell’opera, si descrive con dettaglio il suo modo di operare ed anche il suo aspetto fisico, precisamente identificabile con il ritratto che abbiamo nella nostra Sede: “un ometto, dall’occhio vivo, pieno d’intelligenza e di bontà, con un visetto paffuto, tinto di vermiglio carico sopra un fondo morbido e bianco, tra due pizzi candidi come la neve”.
Richard Henry Budden, nacque il 19 maggio del 1826 a Stoke-Newington, oggi, un distretto all’interno del quartiere Borough of Hackney di Londra che all’epoca tuttavia, manteneva ancora un aspetto distinto dalla grande città che con l’espansione aveva inglobato. Di famiglia agiata, ma rimasto orfano molto presto, venne messo in collegio a Bonn e successivamente a Parigi, al termine della sua educazione iniziò a viaggiare in Europa, scegliendo di risiedere in modo più stabile in Italia, prima a Nizza, poi a Genova e quindi si stabilì a Torino. Iniziò a conoscere le Alpi della Val d’Aosta che a quel tempo era la sola zona montana visitata con frequenza dagli alpinisti inglesi che sceglievano, come sede per le loro ascensioni, il villaggio di Courmayeur.
Anche Budden rimase affascinato da Courmayeur, tanto da promuovere nel 1865 una sottoscrizione, iniziando con un suo cospicuo contributo di ben cinquecento lire; lo scopo era quello di migliorare le condizioni di soggiorno e abbellire questo villaggio ai piedi del “tetto d’Europa”: il M. Bianco, affinché gli alpinisti vi potessero sostare per periodi più lunghi. La sua iniziativa, tuttavia, non trovò immediato seguito da parte delle autorità locali che da bravi montanari, si mostrarono diffidenti nei confronti di questo Straniero. Alcuni amici gli consigliarono così di rivolgersi al neo formato Club Alpino di Torino; conoscerà così G. B. Rimini e Bartolomeo Gastaldi che accoglieranno con entusiasmo la sua idea e naturalmente lo fanno inscrivere al Club. Iniziò così una lunga e attivissima partecipazione alle attività del sodalizio che durerà quaranta anni, per tutta la sua vita.
L’Italia era la sua seconda patria, la patria d’adozione, mentre il Club Alpino Italiano era diventata la sua famiglia. Nel 1868 finalmente, il Consiglio comunale di Courmayeur vinta la diffidenza nei suoi confronti farà realizzare diverse opere stradali e Courmayeur diventerà la più rinomata stazione di soggiorno e di cura del Regno d’Italia e centro alpinistico di fama internazionale. Da qui Budden si propagò verso le altre regioni montuose, sostenendo l’apertura di piccoli alberghi e rifugi, promovendo rimboschimenti e l’apertura di piccole industrie alpine. Erano i tempi d’oro dell’alpinismo e dell’esplorazione, i tempi in cui i pionieri compivano grandi imprese affidandosi a equipaggiamenti incredibili e decisamente insufficienti: un bastone, un sacco in spalla e qualcosa da mangiare da tenere in tasca.
Per Budden l’alpinismo non era soltanto l’arte di arrampicare sulle più alte e difficili vette, ma le cime rappresentano il mezzo per raggiungere nobili ideali. Per Lui, la Montagna è da considerare una “palestra” di educazione morale e intellettuale per i giovani ed anche il luogo in cui gli alpinisti devono cooperare per migliorare le condizioni economiche e sociali delle popolazioni locali. Budden voleva che i giovani si dedicassero a queste “grandi e nobili imprese” come le indicava spesso nei suoi discorsi, con lo stesso spirito che ha distinto il grande fondatore Quintino Sella. Nei primi anni Budden gira a lungo esplorando monti e valli, non ha pretese di fare nuove scoperte; ciò che scrive serve soltanto a far conoscere le valli, le contrade e le tradizioni della povera gente di montagna che si mostra sempre onorata dalle visite inaspettate degli alpinisti. Nelle sue relazioni riporta dati interessanti sui costumi locali, sulle leggende delle valli e si spinge nella toponomastica locale con ampie riflessioni e aneddoti che rendono piacevole la lettura. Dai suoi testi, traspare un’anima di artista affascinato dalle superbe bellezze che gli si aprono davanti. Budden non trascorrerà mai una stagione in una sola zona alpina, ma il suo bisogno di studiare e vedere sempre cose nuove, lo porta sempre in valli diverse, percorrendo sentieri e valichi differenti; sostanzialmente è un entusiasta della Montagna.
Ovunque si abbia attenzione per la Montagna si trovano tracce del suo passaggio sia su Alpi che su Appennini. Per trenta anni Budden ricoprì la carica di attivissimo membro del Consiglio Direttivo Centrale, collaborando anche alla redazione della Rivista sociale. Il suo ruolo per lo sviluppo e la diffusione dell’alpinismo diventò con il tempo sempre più importante anche a livello europeo, intraprese relazioni nell’ambito dei club alpini europei, dalla maggior parte dei quali fu fatto socio onorario e sulle cui riviste pubblicò numerosi articoli; lui stesso scherzosamente, si qualificava come “Ministro degli affari esteri del CAI”. Oltre che del Club Alpino Italiano, fu socio onorario di quello Francese e di quello Inglese, ma anche della Società Alpina Friulana.
Assieme all’amico, il canonico Georges Carrel, diede vita alla succursale CAI di Aosta di cui diventerà Presidente onorario; sarà anche Presidente onorario del Comizio Agrario di Aosta e di questa città, gli sarà conferita anche la cittadinanza onoraria. Fu il primo a pensare a una organizzazione delle guide prevedendo la divisione in due categorie: guide e portatori, il suo libretto: “Observations aux guides des vallèes Italiennes” è il più antico testo sulle norme per i contatti tra guida e alpinista e getta le basi per i rapporti tra CAI e le sue Sezioni con le guide.
Sulla scia dello spostamento della Capitale, da Torino a Firenze e quindi della nascita di una Sezione CAI anche nel capoluogo toscano, eccolo tra i fondatori della Sezione fiorentina (dal 1869); diventerà, succedendo a Lorenzo Ginori Lisci nel 1874, uno dei Presidenti tra i più duraturi: ben 21 anni, ovvero per tutta la sua vita. Sotto la sua presidenza, da buon Apostolo, la Sezione fiorentina aumenta considerevolmente il numero dei soci tra i quali spiccano molti alpinisti stranieri come W.A.B. Coolidge, L. Purtscheller, Henri Cordier.
Tra gli eventi memorabili avvenuti sotto la sua presidenza, c’è il IX Congresso Nazionale del CAI del 1876 che si tenne a Firenze, mentre nel 1878 la Sezione inaugura il suo rifugio al lago Scaffaiolo. Budden dette anche un grande impulso alla biblioteca della Sezione, già con il suo insediamento a presidente, nel 1874 si pubblica un primo catalogo. A quei tempi si riteneva che promuovere e sviluppare la letteratura alpina potesse accrescere l’entusiasmo per il CAI e le Montagne. Con la nascita delle “Stazioni Alpine”, una sorta di sotto sezioni attuali, si provvedeva subito a dotare la nuova sede di pubblicazioni di argomento alpinistico e turistico. Nel 1879 Budden istituisce la biblioteca alpina di Lucca che grazie ai rapporti di Budden con gli altri club alpini esteri, si arricchì rapidamente per le donazioni di personaggi rinomati: da Carlo De Stefani a John Ball; da Charles Rabot a Heri Ferrand a Karl Shultz; lo stesso Budden a cui la biblioteca è dedicata, inviava moltissime pubblicazioni e incoraggiava l’attività della Stazione Alpina.
Nel 1881, la Sezione CAI Firenze partecipò all’Esposizione Nazionale di Milano nella Sezione Alpinistica ricevendo una medaglia d’oro che Budden volle fosse consegnata alla Stazione di Lucca in riconoscimento di quanto aveva fatto per il successo della partecipazione fiorentina. E’ indubbio e ben noto l’impegno di Budden nell’impresa di istituire osservatori meteorologici negli Appennini, riuscendo a contribuire alla realizzazione, in Toscana (ma non solo), di una decina di osservatori che furono collegati con la cosiddetta “corrispondenza meteorologica italiana alpina-appennina” diretta da Padre F. Denza del Regio Collegio Carlo Alberto di Moncalieri.
Incoraggiò la fondazione delle “Stazioni Estive”: Montepiano, Camaldoli, Badia Prataglia, Vallombrosa ecc. Nel 1882 fu istituita anche la Stazione Alpina di Stia diretta per ben 40 anni dall’Avv. Carlo Beni. Nel 1883 ci fu l’inaugurazione del ricovero “Dante” sul M. Falterona. Budden s’impegnò a fondo per la valorizzazione alpinistica ed escursionistica della zona del Procinto, insieme all’ing. Aristide Bruni, socio della Sezione CAI Milano, con il quale collaborò assiduamente attorno al 1879. Una lapide posta in una cavità poco prima della cima del Procinto, ricorda ancora oggi la figura del grande Presidente della Sezione fiorentina.
Nel 1893 la Sezione fiorentina del CAI attrezzò la più antica via ferrata Italiana presso la parete Sud del Procinto; furono realizzati gradini intagliati nella roccia, spuntoni e cavi metallici. Oggi, una scala metallica (all’inizio della ferrata), sostituisce l’antica scala in legno, mobile, messa in opera, previo pagamento di pedaggio, dalle guide Gherardi, i “custodi del Procinto” che vivevano nella casa dell’Alpe della Grotta: l’attuale rifugio Forte dei Marmi.
Il 17 novembre 1895, a Torino, i colleghi alpinisti, in occasione del trentesimo anniversario di iscrizione al Club Alpino Italiano di Budden, organizzarono una grande festa in suo onore, purtroppo fu l’ultima sua apparizione pubblica perché sedici giorni dopo, fu colpito da emorragia cerebrale e, la notte tra l’11 e il 12 dicembre 1895, Budden, cessava di vivere.
La sua perdita fu lutto del Club Alpino Italiano. Il nome di Budden, se ciò che ha fatto non bastasse per tramandarlo nei secoli avvenire, rimarrà per sempre impresso nei nomi di due vette valdostane: la Punta Budden (m 3.630 s.l.m.), nelle Alpi Pennine tra Valpelline e Valtournache, tra l’omonimo colle e la Breche des Petites Murailles, e la Punta Bubben (3.683 m s.l.m.), del Massiccio del Gran Paradiso, nelle Alpi Graie, tra la Becca di Montandayné e l’Herbetet.
Concludo, ricordando le parole di commemorazione che il Presidente generale del CAI Antonio Grober, pronunziò all’Assemblea dei Delegati il 15 dicembre 1895:
“…uomini come il nostro Budden, sono l’incarnazione dei più alti ideali dell’umanità, non muoiono; essi sopravvivono allo sfacelo della materia nei loro ideali stessi, che sono immortali. Se l’Apostolo dell’alpinismo abbandonò le sue forme terrene, rimane fra noi imperituro il suo vangelo.E nella venerazione degli alpinisti italiani nel Panteon dei benemeriti della nostra istituzione il posto di Riccardo Budden è accanto a Quintino Sella e a Bartolomeo Gastaldi”.