Annuario 2013 – Un’estate fra passato e presente
Se dovessi dire qual è il meccanismo che fa riaffiorare alla mente ricordi di avvenimenti tanto lontani nel tempo, e per di più mai ripetutosi pur anche in situazioni diverse, direi di non saperlo ma è successo.
E’ successo in una di quelle dannate domeniche, quando, costretto nella camera di ospedale, l’unica occupazione era il dormicchiare e il guardare in continuazione sull’orologio il lento passare delle ore. Proprio in uno dei momenti di dormiveglia, ecco arrivare alla mia mente un’immagine, ben nitida benché lontana nel tempo. L’immagine risale ai primi anni ’50, quasi non ricordavo più. Sono con lo zio Fello (Raffaello Romei, il babbo di Remo) e sono davanti al rifugio della Donna Morta. Ai miei occhi di ragazzo (avevo forse tredici anni) il rifugio mi apparve come un sogno, immerso in un folto bosco, lontanissimo da qualsiasi centro abitato. Aprii gli occhi, feci mente locale e mi sforzai di ricordare; erano gli anni che passavamo le vacanze a Orsigna, gli anni ’50. Io ero tutti i giorni in gita con lo zio.
Piano, piano tornarono alla mente tanti ricordi. Dopo di allora sono tornato al rifugio altre due volte: la prima come tappa della traversata da Orsigna a Carrara nell’estate del 1957, la seconda, e ultima volta, con l’allora fidanzata e poi mia moglie Paola nel 1962. Il sentiero, allora, iniziava poco dopo il ponte del mulino, saliva ripido raggiungendo vari casali, la Gabelletta e proseguiva verso Portafranca. Non sapevo allora che stavo percorrendo un’antichissima “strada” che collegava nel medioevo Pistoia con Bologna. Ci risiamo, esclamerà qualche lettore, ti pareva che non ci fosse una strada anche quest’anno! No, state sereni quest’anno niente strade, anche se tanto ci sarebbe da dire, solo ricordi ed emozioni di nonno. Questo riaffiorare di ricordi, di luoghi da me mai più frequentati, accese in me la curiosità e il desiderio di rivedere questo rifugio. Mi promisi, se la mia vista me lo avesse permesso, di tornare a rivederli. Così cominciai a informarmi sulla “viabilità”, di anni ne sono passati, e a consultare le carte dei sentieri. Mentre ero intento in quest’occupazione ecco arrivare Giulia che mi domanda cosa stia facendo. Dopo la spiegazione mi dice: “Mi avevi promesso di portarmi sul monte Gennaio, allora!” Riposi tutti i documenti e le dissi di cominciare a preparare il sacco, la borraccia e tutto l’occorrente per andare in gita, appena il tempo lo avesse permesso.
“e finalmente arrivò il giorno tanto atteso. Siamo partiti col nonno e mia sorella Irene una mattina molto presto. Lasciata la macchina alla Casetta Pulledrari, abbiamo cominciato la nostra camminata. Ci siamo fermati a fare delle foto perché si vedeva il Monte Gennaio e il Corno alle Scale. Durante la salita ci siamo fatte un sacco di risate perché il nonno ci faceva ridere. A un certo punto abbiamo smesso di ridere, il sentiero era diventato ripido e faticoso. Arrivati in cima c’era tanto vento fastidioso, ma due cose sono state veramente belle: una è stata quella di scrivere il mio nome sul “Libro di Vetta”, che si trova in cima al Gennaio, l’altra è che ci siamo riposati dal lato dove non tirava vento. Mentre eravamo in cima ho visto un monte con una croce in cima e ho chiesto al nonno che monte fosse. Mi ha risposto che era il Corno alle Scale. Gli ho chiesto se mi poteva portare su quel monte e lui mi rispose: “Vedremo”. Al ritorno ci siamo fermati alla fonte dell’Uccelliera, quella con l’acqua freddissima’ come mi avevano detto l’Irene e il nonno. Infatti, ho messo la mano per un po’ sotto l’acqua e quando l’ho tolta, mi pareva si fosse ghiacciata. Solo un cane arrivato di corsa con la lingua di fuori si è buttato sdraiato dentro l’acqua, sembrava gli piacesse. Anche il ritorno è stato lungo ma finalmente siamo arrivati alla macchina, dove mi sono tolta gli scarponi ed ho esclamato “Alleluja”. Non avevo mai camminato così tanto.”
Ma il “rifugio” continuava ad essere nei miei pensieri, così un bel giorno, con l’amico Roberto Porrati, corista come me del coro La Martinella, siamo partiti per questa destinazione. In tutti quest’anni la zona è completamente cambiata, strade che portano in alto,vegetazione che è cresciuta dove c’erano i prati,ma più che altro non si individuano più i sentieri (non C.A.I.) indicati sulle carte per cui siamo costretti ad un percorso più lungo che però,alla fine, ci ha premiati: il Rifugio della Donna Morta era davanti a noi. Com’è cambiato! Adesso è tutto ristrutturato e poco assomiglia a quello dei miei ricordi. La sua vista comunque fa riaffiorare alla mente i momenti belli passati in questo posto compresa la bellissima giornata passata con Paola. Anche il torrente poco più lontano e dove ci rifornivamo di acqua ha subito in questi anni alcuni lavori: è stato realizzato un posto di sosta con tavolo e panchine e la sorgente, che una volta scaturiva da una scarpatina lungo il torrente, è ora sistemata a fontanella.
Ma il tempo è nemico di questo dolce ricordare, l’ora del ritorno è giunta;raggiungiamo il Passo del Termine e solo da qui riusciamo ad intravedere tracce del sentiero che dovevamo prendere in salita. Cominciamo a scendere io sempre con la testa piena di ricordi e un po’ di tristezza in cuore. Così, tornato a casa, cominciai a scaricare le foto fatte per rivederle e confrontarle con quelle di allora. Non l’avessi mai fatto! Ecco arrivare Irene che con dolcezza ma risolutezza mi sussurra: “Ora tocca a me, mi avevi promesso di portarmi sulle Apuane, al Monte Forato”. Che dire, l’avevo promesso: cercai tuttavia di farla pazientare qualche giorno ancora in attesa di un abbassamento della temperatura.
“Dopo un po’ di pioggia la temperatura si abbassò e finalmente in una fredda mattina, il cielo ancora buio,il silenzio che regnava e l’alba che doveva ancora sorgere partimmo in macchina con destinazione Fornovolasco. Lasciammo la macchina vicino alla grotta del Vento e, zaino in spalla, iniziammo a camminare; incontrammo subito un ponte e, conoscendo il nonno, facemmo immediatamente una foto, poi si riprese il cammino. Il sentiero era ripido e faticoso ma eravamo decisi ad arrivare fino in cima; a volte ci fermavamo per riprendere fiato. Ad un certo punto arrivammo ad un bivio dove i segnali ci dicevano di andare verso il basso. A me prese subito male al pensiero di dover scendere per poi risalire, ma mi feci coraggio e proseguii. Attraversammo una “gola”, era impressionante. Gli alberi caduti formavano dei ponti naturali dai quali penzolavano delle liane; era un’immagine bellissima ma anche impressionante perché, parlando con il nonno, immaginavamo gli impetuosi torrenti d’acqua che si sarebbero formati con la pioggia.
Passammo oltre e poi, forse per farmi coraggio, il nonno mi disse che più in su c’era una strada con delle case dove potevamo dissetarci; i miei occhi si illuminarono, perché,pur avendo le borracce, avrei potuto saziare la mia sete a volontà. Per nostra sfortuna, quando arrivammo nel posto tanto atteso, dalla cannella non usciva acqua. Un pò rattristati, facemmo delle foto con il panorama mozzafiato delle Apuane come sfondo. Dall’altro lato potemmo osservare infinte “gole” e tanti paesini che da lassù sembravano piccolissimi. Terminato di fare le foto continuammo a camminare, ma la situazione si fece sempre più dura: il sentiero era sempre più ripido e pareva non finire mai. Oltrepassammo un vecchio convento di suore (ora tutto restaurato) e proseguimmo all’ombra di un bel bosco. Ma tutto ha fine e finì anche quello. Ci fermammo per riprendere fiato e far riposare le nostre gambe un po’ indolenzite.
Il nonno ad un certo punto si alzò di scatto e disse che bisognava riprendere il cammino perché sennò ci si raffreddava troppo. A malincuore lasciai quel posticino all’ombra prima di entrare in pieno sole. Salimmo tanto e alla fine quando pensavamo di essere arrivati ecco che il sentiero diveniva sempre più ripido. I miei piedi non ce la facevano più chiedevano di fermarsi ma ero determinata volevo arrivare fino in cima. Il brutto arrivò quando il sentiero divenne sassoso con quel ghiaino malefico che rendeva più difficile il camminare; chissà, pensavo, come sarebbe stato in discesa. Finalmente dopo tanta fatica arrivammo sul Monte Forato! iLA mia felicità era tanta non solo perché eravamo arrivati, ma anche perché non avrei mai pensato di trovarmi davanti ad un panorama così incredibilmente bello. Da lassù vedevamo tutto: i monti, le case, i piccoli paesini, le cave e il mare!!! Era come se fossimo i sovrani di tutto, non ci sfuggiva nulla, avevamo portato anche il binocolo e quindi io mi divertivo a vedere le cose più nascoste nei paesini. Visto che eravamo arrivati fin lassù con tanta fatica facemmo una lunga sosta e mangiammo un panino. Poi, dopo aver fatto numerose foto, restammo lì ad ammirare tanta bellezza fino alle tredici. Quando arrivò l’ora di partire mi venne un po’ di tristezza, mi dispiaceva lasciare un luogo così meraviglioso, ma sapevo che era già tardi e che dovevamo fare ancora tanta strada prima di arrivare a casa, quindi presi le mie cose e iniziai a scendere con il nonno che procedeva davanti a me.
Per il ritorno facemmo una strada diversa, perché volevamo andare a vedere un torrente che nasceva improvvisamente, un fenomeno tipo carsico. La strada era sicuramente più lunga ma più lieve anche perché quella dell’andata era, per il ritorno abbastanza impegnativa e noi eravamo molto stanchi. Dopo una lunga camminata arrivammo al torrente; l’acqua fuoriusciva dal monte con una forza incredibile ed era freddissima. Il “nuovo torrente” proseguiva formando una cascatina vicino a un vecchio mulino. Continuammo a scendere e la strada sembrava non finire ma ecco che da lontano vedemmo la nostra macchina in pieno sole; la nostra felicità era tanta e aumentammo il passo, soprattutto io, mentre il nonno, che era rimasto dietro, mi urlava di non andare così veloce e di non fare come gli asini quando sentono l’odore della stalla. Una volta alla macchina ci cambiammo le scarpe e andammo a prenderci un gelato e un caffè al bar del paesino più vicino quindi salimmo in macchina e ci dirigemmo a casa. Questa passeggiata devo dire è stata molto faticosa, molto di più che andare sul monte Cimone o al passo del Cancellino; non me l’aspettavo tanto difficile, sapevo che era ripida ma non così tanto!! Nonostante tutto consiglio calorosamente a tutti di andarci, magari facendo prima un po’di pratica andando su altri monti. “
Tornati a casa stavo pensando a dove andare. Avevo diverse idee, tanti altri itinerari da percorrere, magari sempre con l’amico Roberto. Ma ecco che una giorno, mentre pranzavamo,Giulia mi dice: “ ma quando andiamo su quel monte con la croce?” Va bene, prepariamoci,andremo domani. “La sveglia anche stamattina è suonata molto presto e non è stato facile alzarsi. Abbiamo lasciato la macchina alla Doganaccia quando il sole stava sorgendo. Abbiamo cominciato a camminare fermandoci ogni tanto per bere e mangiare i mirtilli che erano buoni, anzi buonissimi. La prima vera sosta l’abbiamo fatta al Lago Scaffaiolo che ho subito riconosciuto perché c’ero stata l’anno scorso, sempre con il nonno. Mi sono anche ricordata che il suo nome viene da “scaffa” che vuol dire avvallamento. Dopo aver fatto una ricca colazione siamo ripartiti per arrivare al Corno alle Scale. E’ stato molto faticoso ma tanto bello. Dalla cima più alta da me raggiunta ho rivisto tutto il percorso fatto, anche il lago Scaffaiolo piccolo, piccolo. Prima di ripartire ho chiesto al nonno di farmi una foto con dietro il monte Gennaio. In cima abbiamo trovato degli amici di Bivigliano. Alla croce dei signori ci hanno fatto delle foto. Il ritorno è stato lungo, i mirtilli mi attiravano, ci siamo fermati a raccoglierli per portarli agli amici Paolo e Rossana che ci aspettavano a casa loro al Conio. Ci siamo fermati al rifugio del lago dove ho bevuto un a Coca cola, poi il nonno, visto dei nuvoloni neri, mi ha detto di ripartire in fretta aveva paura che piovesse. Siamo arrivati alla macchina senza pioggia. Ero molto stanca, i piedi bollivano ma la gita è stata molto bella, ho imparato a riconoscere molti monti, alcuni fiori e i mirtilli!”.
Con questa passeggiata sono saltate quelle che avevo in mente ma, tutto sommato, le giornate passate con le nipoti mi hanno dato senz’altro più soddisfazione. Le mie gite, chissà, forse l’anno prossimo.