Testo e foto di Nelusco Paoli
Avete presente la dorsale appenninica che dal Libro Aperto porta al Corno alle Scale? Quella che ci appare per prima quando ci rechiamo all’Abetone, dove in inverno, neve permettendo, è possibile fare sci alpinismo e raggiungere lo Spigolino per scendere i versanti innevati ed ancora integri dell’Emilia? Oppure recarsi con una bella passeggiata – in inverno con le ciaspole – allo Scaffaiolo (lago cantato anche dal Boccaccio)?
Uno scellerato progetto la deturperà con una funivia che, nelle intenzioni dei promotori, dovrà collegare l’esangue stazione della Doganaccia con il lago Scaffaiolo e gli impianti di sci del Corno alle Scale.
Del progetto, il sogno dei comuni del crinale dell’Appennino Pistoiese-Bolognese al quale affidano le speranze di vitalizzare l’economia locale, se ne discute ormai dagli anni sessanta quando ancora investire nello sci alpino aveva un senso. Sembrava che tutto fosse stato sepolto dalla crisi nella quale versa il comprensorio sciistico del Corno alle Scale – sempre in perdita negli ultimi 20 anni, con vari passaggi di proprietà e prolungate chiusure – ma il disegno ha ripreso vita nel 2016 quando il Sottosegretario Luca Lotti, con i Presidenti delle Regioni Toscana ed Emilia Romagna ha concesso per la realizzazione dell’opera uno stanziamento di 20 milioni di euro (10 per ciascuna regione). Il contributo statale ed una serie di delibere e relativi stanziamenti da parte delle Regioni Toscana e Emilia-Romagna (che portano l’investimento a 27.093.020 di euro), ha rivitalizzato il progetto e potrebbe sciaguratamente realizzarlo in tempi brevi.
Si prevedono la realizzazione di invasi per neve artificiale, una nuova seggiovia da Tavola del Cardinale fino sotto il Rifugio Duca degli Abruzzi e, per il versante toscano, il devastante impianto che dovrebbe collegare la Doganaccia con il lago Scaffaiolo, con la delirante costruzione di un tunnel finale per arrivare in ascensore sul lago.
Bene fa la politica ad interessarsi ed intervenire sui problemi della montagna: sostenere il reddito dei suoi abitanti e invogliarli a restare, stimolando e sostenendo iniziative economiche, è essenziale per la salute del nostro Appennino, in particolare per i luoghi che tendono a spopolarsi. Il nuovo comune Abetone – Cutigliano, formato nel 2017 dall’unione dai comuni preesistenti, ha visto un discreto calo di abitanti, passando dai 2.248, registrati nel censimento del 2011 agli attuali 2.084, residenti al 31/12/2016. Quello che stupisce è la miopia di puntare esclusivamente sul potenziamento di un settore, quello dello sci, sempre più in affanno.
L’Ipcc – il comitato degli scienziati di tutti i paesi del mondo che monitorano i cambiamenti climatici – ci ammonisce sugli effetti di tali cambiamenti e ci informa sulla dispendiosità e la difficoltà di mantenimento della neve programmata al di sotto dei 1.800 m; eppure ci ostiniamo ad investire risorse – sottraendole ad altre necessità – in un impianto sciistico che ha, per l’esposizione Sud-Est, difficoltà a mantenere il manto nevoso ed è spesso battuto da forti venti.
Le forze in campo fra i sostenitori ed i contrari all’opera sono decisamente sproporzionate. Sulla corazzata dei favorevoli, che gode di un buon sostegno sia sulla stampa che su internet, troviamo: la Regione Emilia-Romagna, la Regione Toscana e l’Amministrazione comunale di Lizzano, con in primo piano la Sindaca Elena Torri. Per dare maggior sostegno si è costituito anche un Comitato per lo sviluppo dell’Appennino Tosco-Emiliano presieduto nientemeno che dal Presidente della FISI Flavio Roda (maestro di sci, allenatore federale, ex allenatore di Alberto Tomba).
Il comune di Abetone-Cutigliano, con il Sindaco neo eletto Diego Petrucci, tiene una posizione più sfumata, probabilmente più realistica: pur non essendo contrario all’opera ne evidenzia la difficoltà di realizzazione per l’opposizione della Conferenza Paesaggistica della Regione Toscana – dove siedono Sovraintendenza e Mibac, che dal 2011 ad oggi ribadisce che un’infrastruttura del genere non si può fare a causa del suo forte impatto ambientale – e propone un’opzione diversa per non perdere i finanziamenti acquisiti.
A bordo della barchetta dei contrari ci sono associazioni ambientaliste emiliane e della Toscana che per illustrare le ragioni della loro scelta si sono mosse promuovendo dibattiti ed incontri. A Bologna e a Porretta Terme: Legambiente Emilia-Romagna, il WWF, la sezione del CAI Bologna, Mountain Wildness. In Toscana il Gruppo Regionale e la sezione di Pistoia del nostro sodalizio hanno espresso, in un documento, con calzanti argomentazioni, la loro contrarietà alla realizzazione dell’impianto. Vi si analizzano i cambiamenti climatici verificatesi negli ultimi anni, rilevando l’aumento delle temperature medie, la costante diminuzione dei giorni nevosi, la diminuzione dell’altezza media del manto nevoso e la gravosità a sviluppare l’innevamento artificiale delle piste da sci per la difficoltà dell’approvvigionamento idrico e delle temperature. Si evidenzia inoltre che l’esposizione a sud – come già rilevato – pregiudicherebbe il già scarso innevamento, con la conseguenza che l’unico utilizzo dell’impianto sarebbe quello di trasferire l’utenza – quando il vento lo permette – dalla Toscana all’Emilia, e non viceversa, con soli costi certi per il versante toscano, per la realizzazione di nuova viabilità e parcheggi di grande impatto ambientale sul paese di Cutigliano (forse fra le perplessità del sindaco Petrucci c’è anche quella di “fare la guerra per il re di Prussia”). Viene evidenziato infine che la realizzazione di questo impianto rischierebbe di innescare una spirale perversa, ponendo un’ipoteca sull’ulteriore assorbimento di risorse future, che diversamente potrebbero essere canalizzate per il rinnovo prioritario e urgente delle strutture ricettive e al sostegno della piccola imprenditoria giovanile della montagna. Il documento conclude infine che “i nuovi montanari che usano il computer e sanno l’inglese, sono consapevoli che l’economia alpina non sarà più quella dei loro genitori. Riproporre oggi il modello dei grandi caroselli sciistici ad altezze a rischio innevamento è improduttivo, socialmente ed economicamente. Il futuro è la natura e la cultura della montagna, un bene che i nostri vecchi ci hanno lasciato e a cui dobbiamo essere grati”.
Purtroppo non sembra che le popolazioni locali – l’economia dello sci ne ha sostenuto il benessere da molti anni – siano sensibili a questi argomenti. Nessuno si è mobilitato, come nel recente caso del Procinto, per denunciare l’assurdità dell’opera. Le speranze per lo stop a tale scempio e la destinazione delle ingenti risorse ad altri più produttivi scopi rispettosi della montagna e della sua cultura, sono demandati all’opposizione della “Conferenza Paesaggistica della Regione Toscana” ed alla Valutazione di impatto ambientale che ancora non risulta essere stata approvata.