Un saluto e un abbraccio a tutti i Soci del CAI Firenze
Cari amici, qualche giorno fa, scrivendo queste righe di saluto a tutti Voi, ho provato un’emozione che non conoscevo, un’emozione che non era legata al semplice esercizio dello scrivere. Ho scritto molto sulle pagine di questa Rivista, nella cui Redazione sono da molti anni, e non poteva quindi essere questo il motivo. Era un’emozione non prevista che nasceva dallo scrivere, per la prima volta, come Presidente della nostra Sezione. Devo confessare che è stata una piacevole sensazione, essere Presidente del CAI Firenze è un dono ancora più avvertito, e non tanto e non solo perché ho la fortuna di essere nato nel cuore della sapiente bellezza di Firenze, cosa che nella tradizione del CAI Firenze conta poco o nulla, quanto per l’orgoglio con il quale mi sono candidato, prima, e con il quale ho accettato questo incarico, dopo.
Il mio è stato un percorso attraverso Presidenze e Consigli diversi, attraverso esperienze diverse. Per questo voglio porgere anzitutto un ringraziamento a chi mi ha preceduto e non solo per il lavoro svolto, un lavoro eccellente, ma, soprattutto, perché da ciascuno di Loro io credo di aver compreso qualcosa. Un bagaglio che mi sarà, ci sarà, indubbiamente utile per governare il CAI Firenze. Ho imparato che occorre tenacia e costanza per affermare le proprie idee, coraggio per raggiungere gli obiettivi dichiarati, ho imparato quanta capacità e quanta pazienza serva per governare la nostra Sezione, ho imparato quanto sia utile la diplomazia per muoversi fra realtà e persone diverse, ho capito che bisogna guadagnarsi autorevolezza per esercitare l’autorità. Soprattutto ho imparato, dopo tanti anni di alpinismo, che non si può fermare il tempo alle cime conquistate ma quanto sia utile continuare a sognare afferrando però, al tempo stesso, quanto sia opportuno “scendere a valle” ed affrontare la vita, gli impegni.
Eppure, se mi chiedessero se c’è una cosa che nessuno è mai stato capace di insegnarmi, direi presuntuosamente … sì, francamente ce n’è una: la passione, quella l’ho sempre avuta. E quando parlo di passione intendo l’amore che provo nei confronti della Montagna, un amore inossidabile come pochi che ancora oggi mi meraviglia ogni qual volta mi commuovo anche davanti ad uno soltanto di quei capolavori della natura che la Montagna ci offre. E, nel mio piccolo, intendo anche l’amore che provo nei confronti del CAI Firenze. Una passione che, almeno per me, si tinge di un significato preciso: il rispetto di quel codice emozionante anche se mai scritto, eppure vivo, palpitante, che deve illuminare ogni buon Consiglio Direttivo, non solo il Presidente della Sezione, e cioè l’osservanza e l’attaccamento a quel filo conduttore che Tutti ci lega: la nostra tradizione, il nostro prestigio, la nostra storia. Una storia straordinaria, eccezionale, unica. Un patrimonio di cultura e di energia nato il 1 luglio del 1868 e costruito, giorno dopo giorno, fino ad oggi. Quell’energia che ogni giorno, ripeto ogni giorno, tanti nostri Soci pongono volontariamente e disinteressatamente al servizio del CAI e che ci sarà indispensabile anche nei prossimi tre anni, quell’energia che chiediamo Loro di continuare a mettere a disposizione della nostra Sezione. Una Sezione che ha centoquarantacinque anni di vita, un’eredità che non potremo, non potrò, dimenticare nei prossimi anni, anzi a questo ci ispireremo perché il CAI Firenze, e non dobbiamo dimenticarlo, nessuno di noi può dimenticarlo, è la prima storica Sezione fondata nell’ambito del Club Alpino Italiano e da qui la Sua importanza. Un’importanza che, nei prossimi tre anni, Vi assicuro sarò capace di ricordare a tutti fino alla noia se necessario.
Il Consiglio eletto è un ottimo Consiglio Direttivo. Tre consiglieri assumono questo incarico per la prima volta. Fra Loro, dopo molti, troppi anni, torna anche una presenza femminile, addirittura due. E’ un primo segno di rinnovamento raggiunto grazie a Voi. Tantomeno mancherà l’esperienza, fra i Consiglieri eletti vi sono due ex Presidenti della Sezione. Son certo, conoscendo il calore e l’impegno che hanno dimostrato nei confronti del CAI Firenze, che sapranno aiutarmi ogni qual volta sarà necessario. Sarà quindi un buon Consiglio Direttivo. Avverto, mi si conceda, un’unica nota stonata, un velo di delusione che non posso tacere, ora e mai più. Deluso da qualche comportamento, da qualche frase di troppo, anche gratuita, della quale potevamo francamente fare a meno se non altro nell’interesse del CAI Firenze. E a proposito di frasi dirò che ve n’è una, scritta da un eccentrico scrittore francese della fine del ‘600, François La Roche Foucauld, del quale mi sono occupato diversi anni fa, sulla quale spesso ritorno. Una frase sulla quale spesso rifletto e che spero possa tornare utile. Quella frase dice: “E’ più facile apparire degni della posizione che non si ricopre anziché dell’incarico che si ha”. Aveva ragione.
Chi mi ha seguito, in questi anni, dalle pagine di Alpinismo Fiorentino, credo abbia capito che idea ho del CAI. Dirò, fin da ora, che seguirò due linee sostanziali. La prima è ovvia, scontata: la stretta osservanza al nostro Statuto, perché riflette il volere del nostro organo sovrano cioè l’Assemblea dei Soci. La seconda è il rinnovamento del nostro corpo sociale e il rinnovamento dei nostri metodi. Tutto ciò in un’ottica rigorosa: quella della competenza, un terreno che il Club Alpino Italiano non può permettersi di ignorare.
Devo confessare un’ultima cosa, lo faccio ora per non creare alcun tipo di equivoco dopo. Se dicessi che da oggi toglierò di dosso la giacca fino ad ora indossata non sarei sincero. Nessuno, vorrete perdonarmi, potrà mai togliermi di dosso la giacca della Scuola di Alpinismo Tita Piaz, una giacca che seguito a portare con orgoglio, il simbolo di un’appartenenza che sento ancora scorrermi nelle vene, un’appartenenza che mi ha permesso di vivere momenti difficilmente dimenticabili e di conoscere amici fraterni. Eppure qualcosa cambierà, anzi deve cambiare. Vi assicuro che da oggi indosserò ogni giacca, indosserò tutte le giacche, una sull’altra, non importa di che colore siano, non importa il peso che dovrò sostenere sulle spalle, ho sostenuto pesi maggiori. Ogni giacca avrà uguale valore e pari dignità. La mia militanza nel CAI si è, d’altronde, sempre ispirata ad un’unica filosofia, alla convinzione cioè che il CAI è fatto soprattutto di Soci, non importa quale attività pratichino, non importa di quale gruppo facciano parte, poco conta che siano Soci della Sede o di una Sottosezione. I Soci, tutti i Soci, dai giovani ai diversamente giovani, sono la reale ricchezza del nostro Sodalizio e, in particolare, di una Sezione. I Soci quindi saranno il punto di riferimento di questo nuovo Consiglio Direttivo che, Ve lo assicuro, sarà capace di lavorare bene, con merito e mi auguro con allegria, con il sorriso sulle labbra. I Consigli Direttivi che ci hanno preceduto ci lasciano, d’altronde, un’ottima eredità ed un ampio margine operativo per i progetti che abbiamo. Da oggi comincia l’avventura di questo nuovo Consiglio consapevoli che non sarà facile fare meglio di chi ci ha preceduto meritandosi il nostro ringraziamento e il nostro rispetto. A noi, tuttavia, il compito di migliorarci, rinnovando nel coniugare passione e ragionevolezza, metodo ed equilibrio, stile e tradizione. Tutto ciò, rigorosamente e senza incertezze, dovrà essere all’altezza del nome che portiamo, quello del Club Alpino Italiano. Un nome antico, pervaso da una lunga tradizione eppure, contrariamente all’opinione di molti, un nome che è sinonimo di modernità, progresso, attualità. Un nome quindi autorevole e prestigioso costruito in 150 anni di vita straordinaria, che proprio quest’anno ricorrono, un patrimonio costruito sulla cultura, sulla competenza e sulla difesa dell’ambiente montano.
Competenza, tradizione, ambiente: tre parole alle quali il CAI Firenze non può sottrarsi e alle quali daremo, come sempre d’altronde, il nostro prezioso contributo. Un abbraccio e un ringraziamento a tutti Voi, da uno di Voi.