“Crinali – Storia di montagna e di montagne” di Giorgia Contemori

Gennaio 2009

Io “scrivo” delle composizioni – ma soltanto su un foglio di carta mentale – e poi le spiego, pezzo per pezzo, ai musicisti. Al piano delineo il disegno generale del brano, così che essi familiarizzano con la mia interpretazione, con il sentimento che voglio dare a essa e con le scale e la struttura armonica del pezzo. Lo stile particolare di ciascuno è tenuto in considerazione, sia negli assieme che negli assoli. Per esempio, a ciascuno propongo una serie di note da suonare sopra ciascun accordo, ma ognuno è libero di scegliere le note che preferisce e di suonarle nel proprio stile, eccetto quando ho bisogno di realizzare un certo clima. In tal modo riesco a dare ai brani lamia impronta personale di compositore, lasciando al tempo stesso ai musicisti la più grande libertà nella creazione del risultato d’insieme e di quello solistico”.
Charles Mingus
Renato Fantoni

Ho scelto di avventurarmi in questa citazione del famoso jazzista per parlare di alcune esperienze all’interno della sezione di Firenze, per parlare di persone che hanno svolto la loro esperienza di vita associativa CAI in modi molto diversi e personali ma fortemente legati alla dimensione dei diversi gruppi che la animano. Ho scelto di richiamarmi alla musica jazz perché è facile pensare al gruppo orchestrale in cui il senso di gruppo ed il rispetto del “leader” sono centrali. Questi aspetti costituiscono, nelle esperienze di questa realtà associativa CAI, gli elementi fondamentali che via via si esprimono nelle diverse occasioni, e che ne tratteggiano lo spirito di fondo, le opportunità da svolgere ed il relativo  orientamento. Esistono gruppi che perseguono esperienze ed interessi diversi ma tutto nell’ambito di una grande cornice che richiama a se la passione e l’interesse per la montagna, se tutto ciò non fosse rivolto ad obiettivi concreti, e non fosse svolto con un lavoro e un continuo impegno, il risultato sarebbe sicuramente inferiore alla somma dei singoli contributi.

Con Carlo Marinelli (al quale la musica sta sicuramente a cuore…) abbiamo continuato il discorso delle molte attività animate dai vari soci della sezione di Firenze. Carlo, come già altri soci, mette l’accento su quanto questa dimensione di spontaneità e di volontariato permetta di portare avanti una struttura così complessa e produttiva.  Nel caso di Gianfranco Romei si tratta di una spontaneità che sicuramente non significa improvvisazione, ma oserei dire una dedizione totale. Gianfranco è socio dal 1943. Praticamente la mente fotografica di tutti i soci.
Carlo: “Si rischia di trascurare dei soci insostituibili se non guardiamo più ampiamente la vita della nostra sezione. Spesso ci lasciamo prendere la mano dal fare e dal raccontare le attività ma lasciamo in secondo piano chi cura quotidianamente i rapporti con i soci e l’organizzazione collegata alle attività dei gruppi. Ci dimentichiamo che il volontariato è praticamente la quintessenza di tutto quello che facciamo. Ma con questo spirito possiamo pensare di proiettarci nel prossimo futuro?
Gianfranco Romei: “Come dire … sono un segretario “non ufficiale”, mi sono messo al tavolo da quando la sede era in Via del Proconsolo e sempre così, ogni pomeriggio dopo il lavoro, ma a volte andavo in sede anche quando lavoravo nel pomeriggio. Le gite, le prenotazioni, le comunicazioni con i soci e tanti altri, le assicurazioni da fare, i solleciti… ci servono tante cose per fare tutto. Il “capo” mi definisce coordinatore della segreteria!
Carlo: “Certo fai un lavoro in cui sei molto a contatto con i soci, e non a caso sei iscritto nell’albo d’onore”.
Gianfranco Romei

Gianfranco: “Per un periodo ho fatto parte del consiglio e ho fatto parte della Commissione Nazionale di Alpinismo Giovanile dal 1959 al 1963. Ma per me è fondamentale avere contatto con i soci, seguire le loro attività dalla mia scrivania. Certo ho visto passare tanti Presidenti, il primo che ho conosciuto era Barbieri. Io ho sempre svolto un lavoro di tipo amministrativo, e stare in relazione con le persone grazie al mio tipo di attività, di conseguenza conosco molto da vicino questa Sezione. Certo è immaginabile come sia stato complicato conciliare tutto questo con la mia vita familiare, per un certo periodo l’attività della segreteria era 17- 20 e poi tutte le gite, ma io sono stato bene così. Con lo Sci CAI fino ad alcuni anni fa ho seguito la “settimana verde”. Ricordo anche l’alluvione in Via del Proconsolo, dove purtroppo è andato perduto molto dell’archivio sezionale. Purtroppo accanto alle gioie ci sono stati anche dolori nella vita di questa sezione.

Ho sempre cercato di vivere a contatto con l’ambiente naturale, io ho cominciato con gli amici ad uscire e fare escursioni sull’Appennino tosco emiliano. Poi nel 1943 mi sono iscritto al CAI, quando c’era ancora la guerra e la sede era in Borgo SS.Apostoli. Allora usava essere presentato da altri soci e ricordo che la mia iscrizione è avvenuta senza troppi discorsi entrando in sede ed incontrando Penzo e Veneziani. Sono divenuti amici e ho cominciato così a fare escursioni con loro. Tutto a piedi e pochi mezzi, ma per le gite sociali ci prestavano i camion gli americani. Ho fatto bellissime escursioni, per esempio all’inizio della mia attività ho effettuato la traversata della Vallée Blanche nel bacino del Monte Bianco. Mi viene in mente che durante le attività in cui ero il partecipante più giovane al ritorno le corde me le facevano portare a me!
Mi sono dedicato a lungo all’escursionismo, e poi ho iniziato con l’attività Sci Cai che in pratica è stata rifondata da Sergio Serafini. Spesso andavo a sciare con Giancarlo Dolfi. Credo che sia una mia caratteristica personale la regolarità e la costanza nel portare avanti le cose, ed ho avuto modo di svolgere tutto in modo naturale, e questo è importante per quello che sono oggi”.
Carlo: “Se usciamo dalla segreteria e andiamo avanti entriamo in un’altra dimensione fondamentale della nostra sezione: la biblioteca. Ed è possibile incontrare un’altra figura che spicca tra i soci più fedeli: Renato Fantoni, colui che ha curato con grande attenzione i volumi attualmente disponibili, collocandoli  adeguatamente e soprattutto trattandoli in modo adeguato per conservali integri fino ai giorni nostri”.
Carlo Chiappe e Signora

Renato: “Io ho sempre amato i libri, ho avuto la fortuna di poterli sempre maneggiare. Fin da quando avevo 17 anni rilegavo libri da mio zio, Ettore Battagli, e così leggevo, leggevo, leggevo. Ho raccolto libri fino a due anni fa, la mia casa era così piena che in parte ne ho dovuto vendere. Anche frequentando il Cai ho potuto continuare a dedicarmi a quanto di più mi interessava, avendo a disposizione un insieme di documenti e libri di grande interesse. Un interesse molto personale, ma in tal senso mi sono potuto dedicare a qualcosa che per altri restava in secondo piano. Mi ricordo che frequentando la sede trovavo libri un po’ dappertutto perché è mancato per molto tempo un metodo razionale di collocazione dei volumi e la conoscenza del patrimonio a disposizione. Vi potete immaginare quale sia stato il mio spirito : riordinare, rilegare, riorganizzare la biblioteca. Ho fatto sempre attività all’aria aperta la passione per la montagna, lo sci mi hanno condotto al Cai, dove poi mi sono dedicato tanto ai libri. Nella biblioteca ci sono circa 3200 volumi per i quali ho formulato una organizzazione basata su concetti razionali. Il mio lavoro mi permetteva di trattare direttamente i libri, e così un po’ alla volta ne ho risistemati tanti. Per esempio tutti quei volumi nella vetrina della sala riunioni sono stati recuperati, salvati da un inesorabile degrado attraverso la rilegatura e la ricostruzione, così che adesso sono in ordine e disponibili.

Vi potete immaginare che l’alluvione del 1966 per i libri è stata rovinosa, soprattutto per quelli d’epoca realizzati con carta contenente gesso: tutti da buttare. Molto è andato perduto e molto lavoro è stato necessario per salvare ciò che restava. Oltre a questi aspetti la mia attività in veste di bibliotecario è stata utile durante i vari traslochi e tutte le riorganizzazioni che ne sono derivate. Anche il Fondo Antico della biblioteca è facilmente accessibile e contiene opere di pregio il cui utilizzo é possibile attraverso la consultazione dei raccoglitori che ho predisposto, e spero che tutti ne possano usufruire ampiamente”.
Dopo questi incontri in casa propria, seguendo il filo conduttore dell’appartenenza al Cai, ci siamo spostati a Marina di Carrara dove abita Carlo Chiappe, socio dal 1936 che ha fatto parte della nostra sezione negli anni ‘70.  La sua esperienza alpinistica è nata nelle Apuane e poi dal 1947 al 1995 si sposta anche sulla catena alpina, spaziando da occidente ad oriente. Carlo Chiappe ha scritto in un suo articolo dal titolo “Generose e splendide Apuane”: “ … al viaggiatore che le osserva al suo passaggio, con i suoi bianchi ravaneti, sotto le aspre cime gli evocano seraccate di ghiacciai d’Europa. C’è un’altra interessante prerogativa di rinomanza per ricordarle ed è come “Alpi Apuane”, frequentate da amanti della natura, studiosi, geologi, botanici, escursionisti ed alpinisti, certo esigua minoranza, ricordando quanti le conoscono per i loro marmi. Sono proprio queste minoranze “guardiane del monte” a sollevare, più volte allarmi contro l’aggressione del fattore economico…” Ho praticato le Apuane e per 15 anni ho svolto tutte esperienze solitarie nelle Dolomiti, molti luoghi bellissimi adesso sono irriconoscibili. Nel 1946 avevo già incontrato Adelmo Puliti ed assieme a lui io e mia moglie abbiamo percorso oltre 200 Km durante il nostro viaggio di nozze. Il lago Tovel contornato da abeti rossi al mattino era verde smeraldo e nel corso della giornata per effetto di alcuni microrganismi diventava tutto rosso. Uno spettacolo naturale presente in altri pochi posti al mondo, ma adesso non è più così a causa dell’inquinamento. Il nostro amore per la natura ci portava a grandi viaggi svolti in modo essenziale solo con lo zaino sulle spalle. In quella zona c’è Molveno e tutto adesso è cementato ed irriconoscibile, alcuni anni fa siamo tornati io e mia moglie ma ci sono venute le lacrime vedendo tutti i grandi cambiamenti e quanto sia stato stravolto l’ambiente. Molto è cambiato nella pratica alpinistica, se pensiamo al solo telefono che permette di stare sempre in contatto anziché sparire per sei sette giorni senza la possibilità di passare notizie!
Nel 1968 uscendo dal Cai di Carrara sono diventato socio della sezione di Firenze, all’epoca il presidente Orsini mi chiamò e così ho partecipato attivamente illustrando le mie esperienze attraverso serate ed iniziative sociali. La mia conoscenza delle Apuane è sempre stata accompagnata dal desiderio di conoscere i monti d’Europa: la mia attrazione è stata in particolare per il Gruppo del Bianco, il Bernina, l’Oberand, il Gran Combin e sempre con gli stessi fidati compagni Guido Chiosi e Arturo Ponticelli. Ho anche avuto modo di conoscere e scalare con Cosimo Zappelli. Esperienze bellissime e sempre svolte assieme a compagni di grande fiducia. Con loro ho sempre condiviso grandi emozioni perché la nostra esperienza era legata al vivere la natura nella sua essenza, ad esempio ricordo con Ponticelli un bivacco sulla Dent Blanche: il cielo notturno con una quantità di stelle dieci volte in più del normale e nel silenzio sentivamo l’acqua scorrere tra il ghiaccio e la roccia, come se questo movimento fosse stato il respiro del ghiacciaio. Penso che questo sia vivere la montagna e la natura, e questo è importante, rifuggo l’idea e la presunzione di essere un alpinista! Ho sempre amato la natura ed è lì che sento Bach e Gothe, se l’uomo rimane vincolato alla sola materia, finisce con il perdersi. Possiamo provare sensazioni meravigliose ma occorre aver cura del nostro mondo. Ho viaggiato anche per incontrare le persone, per conoscerle. E per questo ho cercato di lasciare dei segni nei sentieri montani, come la foto di Cosimo Zappelli nella marginetta di Mosceta. Inoltre ho suggerito di collocare la scultura di S. Bernardo da Mentone protettore degli alpinisti sulla Via Vandelli. Mi è poi sembrato importante scrivere di Nello Conti e di Cesare Martignoni per rinforzare la memoria di uomini e luoghi  delle Apuane”.
Ognuno di questi soci offre il suo contributo al CAI in modo personale e spontaneo. In questo contesto la dimensione dell’esperienza si assomma al conseguimento degli obiettivi sia in montagna che nel portare avanti la realtà  complessa della Sezione. Ma oltre a tutto questo è imprescindibile la dimensione sociale ed emotiva tra le persone, che certamente passa attraverso ad uno spirito comunemente ed intensamente condiviso: “Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo”.
Emilio Comici
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