Un giorno ebbi modo di aprire lo scrigno segreto che custodiva la memoria delle mie avventure scialpinistiche sull’Appennino Settentrionale prima che queste potessero dissolversi o sfumare come neve al sole nel limbo dei ricordi. Mi è parso degno di attenzione, per le generazioni future, ricordare qualche momento vissuto lassù in montagna nella mia trascorsa giovinezza di questi ultimi 40 anni di attività scialpinistica. Ho scelto di descrivere la zona racchiusa su quella lunga “Y” ideale della dorsale montuosa dell’Appennino Settentrionale tra l’Emilia e la Toscana e che si dirama partendo dal suo ramo meridionale (in basso) del Passo delle Radici al ramo occidentale (in alto) dal M. Prado al Passo di Pradarena e al ramo orientale (in alto) dal M. Prado al Passo della Cisa (Monteorsaro). Parlare brevemente di questa catena montuosa dalla forma di colonna vertebrale che si
estende verso NORD/OVEST incuneandosi come una grandiosa ragnatela dominata da tante cime e diramata verso tante vallate dell’Appennino Lucchese e Reggiano non è cosa semplice poiché varie sono le forme morfologiche e strutturali dell’ambiente attraversato e intersecato da ideali sentieri estivi e itinerari che permettono all’uomo di avvicinarsi ed armonizzarsi con la natura dei luoghi.
La grande concorrente della costa Versiliese senza alle spalle la catena dei Monti Apuani che dalla Pania della Croce al monte Sagro ne incorniciano la bellezza ed esaltano il fascino del panorama, si ridurrebbe ad una mera megalopoli di pianura, forse insignificante e piatta. Ma anche da quei bianchi ravaneti, che da lontano sembrano colatoi di neve, l’uomo ha saputo trarne opere grandiose e famose, degne dell’attenzione di tutto il mondo. Verso quei crinali, a volte deserti e aridi, l’uomo ha voluto rivolgersi con umiltà mista a risolutezza per elevarsi nello spirito ed acquisire maggiore valore, conoscenza e fiducia in se stesso. Quindi l’uomo si è spinto lassù verso quei monti per scoprirne la bellezza nascosta e per vivere ore serene e indimenticabili in solitudine o in compagnia di amici fidati. Quelle dorsali degli Appennini e delle Apuane emerse dal mare sono meta di escursioni più o meno impegnative nascoste nelle pieghe della montagna che non vanno sottovalutate anche se escursionisti, rocciatori, ghiacciatori, ciaspolatori e scialpinisti sanno che il pericolo è sempre in agguato e l’impegno deve essere costante per prevenire disattenzioni o incompetenza. Pochi, per fortuna, non sono tornati a casa con le loro gambe ma il sacrificio di quei pochi ha saputo far meditare o moderare l’entusiasmo dei tanti che hanno voluto seguire e seguiranno le loro tracce. Ma la Montagna con la M maiuscola è sempre lassù sopra le nostre teste ad affascinarci ed ammaliarci col suo magnetismo fatto di forme e di minerali inerti o di nevi che solo il piede di pochi eletti osa sfidare.
Ora ritorno a parlare di quella dorsale montuosa che ci ha affascinato in questi ultimi anni. Lassù c’è sempre vita in tutte le stagioni espressa dai residui nevosi dei suoi canaloni in Primavera, dalla fioritura spontanea e periodica dei suoi crinali in Estate, dai colori ambrati e ramati dei suoi boschi in Autunno e dalla tormenta, dal vento e dalla neve che dominano il bianco Inverno. In questo alternarsi delle stagioni la flora e la fauna hanno saputo inserirsi e difendersi dalle insidie e dall’asprezza del territorio e del clima ma anche l’uomo non ha voluto essere da meno ed ha osato sfidare le intemperie e le difficoltà, vincendo da fatica, forse spinto dalla curiosità o dalla necessità o dal desiderio di una specie di esaltazione intima personale.
Proverò a descrivere un viaggio scialpinistico che si è sviluppato idealmente nel tempo percorrendo su e giù per le cime e i versanti innevati di questo grandioso crinale iniziando dal Passo delle Radici (Alpe S. Pellegrino).
MONTE LE FORBICI e MONTE CELLA
1 – Dai Casoni di Profecchia (m.1314) a 6,5 km. Dal Passo delle Radici, provenendo dalla Garfagnana, si sale, se possibile in auto, al Passo delle Forbici (m.1574) verso N.E., poi in direzione O. per boschetto e crinale fino al M. Le Forbice (m.1818) e passando dal Passo di Bocca di Massa (m.1816) si sale al M. Cella (m.1947) per la cresta S.E.. La discesa dei pendii E. del Cella è interessante ma assai breve. Invece la discesa del M. Le Forbice per il canale S.O.,verso il Rif. Cella è abbastanza impegnativa (B.S.A.).
2 – Dai Casoni di Profecchia salire a SX. con skilift (se funzionante) o con sci ai piedi per accedere ad una strada orizzontale a DX. che porta alle rovine di Ospedaletto, quindi lasciarla per procedere a SX. nel bosco passando per una mangiatoia fino a raggiungere il Rif. Cella (m.1650), poi per aperto pendio, che si fa più ripido in alto, attraversare a SX. e portarsi al Passo di Bocca di Massa (m.1816). Per la cresta E. salire al M. Cella (m.1942). Dalla cima diversi itinerari di discesa anche impegnativi sono stati tracciati su ambo i lati.
MONTE VECCHIO
3 – Dalla cima del M. Cella si procede per cresta salendo al M. Vecchio (m.1982) o traversando sotto di esso verso il Passo di M. Vecchio. Dalla vetta del Vecchio numerose e interessanti discese si prospettano allo sciatore alpinista.
3A – Immediatamente dopo la cima si può discendere verso N.E. un ripido pendio di circa 35° denominato la Bagola Rossa , da non trascurare in presenza di cornice nevosa terminale (B.S.A.).
3B – Un’altra discesa più impegnativa è rivolta a N.O. verso la Spatola (Casini di Corte-Orecchiella) scendendo un canalone incassato sotto la rocciosa cresta O. degli Scaloni (50°-45°) , eventualmente utili i ramponi alla partenza (O.S.A.) .
3C – Volgendo le spalle alla cima del M. Vecchio si discende verso S.O. per la via del meriggio così battezzata dai primi lucchesi che la discesero. Per un ripido e stretto canale incassato tra due quinte rocciose sui 50° che si allarga in basso verso DX. in direzione di un ampio anfiteatro dove sono pure convogliate le discese 3A e 3B .
3D – Dalla piana sotto Gli Scaloni si risale un vasto vallone in direzione N., più ripido in alto, per portarsi al Passo di M. Vecchio (m.1932), e riprendere la dorsale proveniente dal Passo ai Bocca di Massa.
MONTE PRADO
4 – Dal Passo di M. Vecchio si procede in direzione N.O. per l’ampio spartiacque fino a raggiungere facilmente la vetta del M. Prado (m.2054), ultimo risalto dell’Appennino Toscano. Dalla cima si gode uno dei panorami più belli della zona e da qui partano alcuni itinerari di discesa davvero eclatanti.
4A – La discesa del “Pratovolta” verso il Canal Secco a S.O. (in direzione Orecchiella) da non perdere per la bellezza del percorso che soddisfa la propria libertà di movimento e di scelta su un vasto pendio privo di ostacoli fino agli alberi.
4B – Una discesa classica di circa 300 metri di dislivello (45°) assai impegnativa (B.S.A.) scende direttamente dalla vetta del Prado rivolta a N. sul Lago della Bargetana (m.1761) per poi traversare a DX. fino al Rif. Battisti. Discesa da non effettuare con gli sci se ghiacciata.
4C – Dalla cima una discesa tradizionale verso E. si apre prima nella conca sottostante e poi nel vallone della “ Clessidra” sotto il versante N. dello Sprone di M. Prado e che proseguendo porta al Rif. Segheria Abetina Reale (m.1410) e a Civago o al passo Lamalite (m.1769).
4D – Tra la 4C e la cima del M. Cipolla (anticima del Prado) si incunea un canalino che parte dalla cresta del Prado con discesa assai ripida e impegnativa di circa 45°50° (O.S.A.) e che porta nella conca inferiore del 4C.
4E – Sull’anfiteatro nella parte più orientale del M. Prado e che scende dal colle dell’anticima del Prado (M. Cipolla) si apre una interessante discesa anche per i canalini innevati che si insinuano tra le quinte rocciose della vera Clessidra e che presentano alcune vie alpinistiche brevi ma degne di attenzione. Anche questi canali sono stati saliti e discesi, ma richiedono un certo impegno e delle condizioni propizie.
4F – Raggirando lo Sprone del Prado sia a N. per il canalone Quagliotto (pericoloso per le valanghe) che a S. si trovano canali e versanti degni di interesse sia per gli sci che per i ramponi. La traversata nei due sensi dal vallone della Clessidra al Passo di Bocca di Massa è delicata e pericolosa essendo esposta alle slavine nell’attraversamento dello Sprone del Prado.
MONTE CASTELLINO
5 – La discesa della dorsale che porta dal M. Prado al M. Castellino (m.1947) non presenta grosse difficoltà.
5A – Discendere dal Castellino alla Bargetana è assai semplice per l’ampia conca a E.
5B – Dal Castellino verso N. si scende con attenzione al Passo della Focerella e traversando in direzione opposta i ripidi pendii orientali sottostanti il M. Castellino si arriva al Rif. La Foce (S.) e proseguendo per mulattiera innevata che passa sotto il M. Brucina si può discendere a Metello nella valle di Soraggio, a N. di Casini di Corte (Orecchiella) .
MONTE RAVAIANDA – LE PORRAIE – SILLANO
6 – Proseguendo il crinale dal Passo La Focerella si tocca il M. Ravaianda (m.1750) e poi verso O. Le Porraie (m.1779). Da queste cime diversi itinerari di discesa sona stati tracciati da scialpinisti lucchesi .
7 – Alla cima delle Porraie si può accedere per il versante N. dal Rif. Presa Alta (m.1230) con strada sterrata proveniente da Ligonchio.
8 – Dopo Le Porraie, sulla dorsale su cui passa il sentiero 00 di cresta si raggiunge il M. Soraggio e il M. Sillano (m.1874)
9 – Al M. Sillano si può pervenire per il versante S. dalla strada che prosegue per il Passo di Pradarena (m.1579) o dallo stesso Passo in direzione S.E.. Dalla vetta un impegnativo canale rivolto a N. (40°-45° – O.S.A.) richiede doti di sicurezza scialpinistica. Dalla cima si può scendere per la Valle del Rio Re (verso Ligonchio) oppure traversare a SX. e scendere a Ospitaletto.
Dal M. Prado al MONTE CUSNA
10 – Ritornando indietro e riprendendo il ramo più orientale della dorsale Appenninica a “Y”, sul monte Prado si può salire o discendere dall’anticima del Prado (M. Cipolla m.1971) per la cresta E. che parte dal Passo di Lamalite (m.1781), oppure direttamente per il canalone più a N. (45°) facendo attenzione al pericolo valanghe. Sulla cresta verso la vetta, oltre la sella del M. Cipolla è presente un intaglio roccioso di 2-3 metri da superare con passo acrobatico.
11 – Alla sella del M. Cipolla si può accedere o discendere da N. direttamente sul Lago della Bargetana.
12 – Dopo il Passo di Lamalite (m.1781) , nei cui pressi è dislocato il Rif. Battisti (m.1761) si prende a salire leggermente gli ampi pendii che portano a DX. al Passone (m.1850), da qui si può accedere all’Alpe di Vallestrina (E.) oppure scendere verso N. a Pian Vallese (m.1284) e a Febbio. Riprendere la salita più a SX. toccando il M. La Piella (m.2071) da dove due interessanti discese per canali in un ambiente selvaggio portano verso E. a Pian Vallese, passando più in basso per un boschetto sulla DX.
13 – La dorsale poi scende brevemente alla Sella del Sasso del Morto ( m.2010 ) punto di arrivo della seggiovia proveniente da Rescadore – Febbio (m.1151). Da questo tratto di crinale è possibile scendere sia a DX. che a SX. con impegnative discese per i versanti E. oppure O.
14 – Attraversato il Sasso del Morto si cala leggermente fino alla sella che precede la cresta S. del M. Cusna. Qui secondo le condizioni della montagna si può scegliere di salire sia a DX. per un canalino con salto roccioso, sia direttamente al centro per la via normale, sia più a SX. per pendii di neve fino alla vetta del M. Cusna (m.2120) .
15 – La cima si può raggiungere anche raggirando la montagna più a valle per canali e per cresta E., oppure da Rescadore dopo il primo tratto di risalita e poi a DX. per boschetto, canale e anfiteatro ampio della conca superiore della Borra.
16 – Altro itinerario di accesso alla cima è la partenza dal Passo della Cisa (m.1555) sopra Monteorsaro (Febbio) per il versante N.E. dapprima nel bosco e poi in alto a O. del ripido pendio terminale.
17 – Per accedere al vallone superiore della Borra si può partire dal Rif. Zamboni (m.1145) in direzione S.O., lasciando sulla DX. il M. Contessa, per poi riunirsi in alto al 15.
18 – Dalla cima del Cusna diverse discese più o meno impegnative si aprono sotto gli sci, scegliendo la più opportuna secondo le proprie capacità sciatorie e delle condizioni nivee.
18A – La più semplice è la discesa per la dorsale risalita con l’itinerario 15.
18B – Dalla cima ci si porta ad un’ampia sella per calare con bella discesa verso N.E. al Passo della Cisa (vedi 16).
18C – Si può scendere verso N. per un tratto assai ripido (45°) che porta ai Prati di Sara (m.1600) con un dislivello di circa 500 metri (O.S.A.) .
18D – Dalla cima si può calare direttamente a N.O. facendo attenzione al primo passo delicato che immette su un pendio costante di circa 45° fino a quota 1700. Per risalire fare inversione di direzione verso S. fino a raggiungere la cresta che riporta in vetta oppure portarsi alla sella tra questa e il Sasso del Morto.
18E – Dal pianoro della cima, dando la schiena alla croce, si scende con prudenza il ripido crestone terminale verso S.E. per calare, 50 metri sotto a SX. su un canale di circa 45° direttamente sulla conca della Borra ed eventualmente proseguire con l’itin. 15 per Rescadore – Febbio.
18F – Alla conca della Borra si può accedere, con impegnativa discesa, se non c’è pericolo di valanghe, per i numerosi canali del lato SUD.
Con la descrizione della zona del Monte Cusna e della sua variabilità sia di accesso che di discesa si è esaurito un breve sunto di momenti impegnativi di scialpinismo vissuti su questo tratto montuoso dell’Appennino Settentrionale Tosco Emiliano e desidero ringraziare tutti gli amici che mi hanno preceduto o seguito, sperando che nuove ripetizioni e più interessanti varianti dimenticate possano influenzare nella scelta l’attività delle generazioni future.
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